PR_374_2013 - page 24

INCHIESTA
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progettare 374
SETTEMBRE
2013
del 6,4%. Nel complesso, con l’au-
mento delle esportazioni e il calo
delle importazioni (-20,6%) l’Italia
è diventata lo scorso anno espor-
tatore netto di acciaio per oltre 4
milioni di tonnellate.
Punti di ripartenza
Lo scenario può essere considerato
sconfortante. Ma è da questi ultimi
dati che, secondo gli operatori, si
deve ripartire. “Il ruolo della nostra
manifattura, nonostante la crescita
dei Paesi emergenti, non è venuto
meno negli ultimi anni. Accanto alla
crescita della Cina, l’Italia conserva
il quinto posto per valore aggiunto
manifatturiero a livello mondiale e il
secondo a livello europeo”, spiega
Marco Fortis, vicepresidente della
Fondazione Edison. “In questo cam-
po - prosegue - , nel contesto euro-
peo, la Germania è più avanti rispet-
to a noi, ma il nostro Paese conta
di più di Francia e Gran Bretagna.
Tra i primi venti settori industriali
manifatturieri dell’Eurozona, dieci
sono tedeschi, sei sono italiani. In
modo particolare il primo settore
italiano per importanza è proprio
quello dei metalli e dei prodotti in
metallo, seguito dalla meccanica,
grande consumatore dei prodotti
della metallurgia e dei suoi semi-
lavorati. Le aziende italiane sono
e restano competitive nonostante i
problemi burocratici. Se si conside-
ra la bilancia commerciale europea,
per il 2012, escludendo l’energia, si
nota che l’Italia è al secondo posto”.
Il problema della nostra industria
non è dato dalla scarsa compe-
titività sui mercati internazionali.
“Stiamo crollando sul mercato
interno - spiega Fortis -, scosso
dall’austerità dettata dalle nostre
politiche e dai diktat europei. Si è
creata una recessione dall’impatto
drammatico sulla nostra industria,
con perdita di posti di lavoro e
chiusure di piccole-medie imprese.
E finora non ci sono state misure
di stimolo per la crescita. L’eccesso
di austerità che Berlino ha voluto
imporre a tutta l’Europa ha distrutto
il mercato interno europeo, vero
grande obiettivo dell’integrazione
e unificazione europea e dell’euro”.
Il rilancio del mercato europeo si
pone quindi come una priorità. Solo
così si può ridare ossigeno all’in-
dustria europea. “Da parte nostra
- spiega Tajani - dobbiamo creare
una buona politica che sia poi usata
dagli imprenditori. Sono già state
adottate una serie di misure politi-
che, come quella che prevede che,
per il 2020, il 20% del Pil europeo
deve provenire dal manifatturiero,
in parallelo con il pacchetto 20-
20-20 sull’efficienza energetica e
il cambiamento climatico. Questa
è una scelta a favore della politica
industriale, per la quale ci vuole,
in generale, un coordinamento tra
la Commissione, il Parlamento ma
anche tra e con gli Stati membri.
Questo è il punto che si affronta in
seno al Consiglio europeo, indice
che gli Stati si stanno rendendo
conto che senza politica industriale
non si esce dalla crisi. Va raffor-
zato perciò il ruolo del Consiglio
Competitività che deve diventare
un Consiglio dell’industria che sia
il gemello del Consiglio Ecofin. Le
scelte microeconomiche e di politi-
ca industriale debbono essere fatte
da un organismo in cui i ministri as-
sieme con la Commissione europea
si confrontano su questi temi. La
politica industriale è legata alla po-
litica dell’acciaio, determinante per
il settore delle costruzioni, dell’auto
e della cantieristica navale. Tre set-
tori sui quali abbiamo già lanciato
dei piani d’azione, in particolari
sui primi due, principali clienti del
settore siderurgico”.
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