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della programmazione, capisce meglio

i vincoli di cosa si può fare o meno. In

banca ci vogliono sempre più team

players e competenze trasversali”.

Avrete una grossa quantità di

dati da gestire. La tematica del-

la sicurezza da eventuali attac-

chi informatici sarà un problema

centrale anche per le banche?

“I dati sono presenti ovunque, e si trat-

ta di dati sensibili che interessano quin-

di tematiche di tutela dal cyber-risk.

Un tempo il rischio era che le effrazioni

fossero nell’entrata nel caveau, oggi i

meccanismi adottati sono quelli di met-

tere dei wall sequenziali per far sì che

chi cerca di fare hacking si trovi dinnanzi

continuamente delle porte virtuali ma

robuste. Oggi si sta lavorando nel ga-

rantire un coordinamento internaziona-

le globale perché è fondamentale che

vengano condivise in tempo quasi reale

le informazioni su come tutelarsi ma so-

prattutto se vi siano azioni di intrusione

per evitare che diventino seriali. Il coor-

dinamento tra autorità di polizia e auto-

rità di vigilanza è fondamentale perché

la battaglia al cyber risk è una battaglia

comune, e in questo c’è una grande con-

venienza dei vari istituti a cooperare”.

Ma le regole rischiano di soffoca-

re l’innovazione Fintech?

“Sul fronte della regolamentazione va

sottolineato come le Fintech non na-

scono banche. Oggi i regolatori stessi

si stanno un po’ chiedendo quale sia il

modo migliore, il giusto compromes-

so, per monitorare la loro evoluzione

senza però porre troppi vincoli che ne

minino la crescita. La FCA inglese, la

Financial Conduct Authority, ha intro-

dotto il metodo del ‘sandbox’, la sca-

tola di sabbia in cui I bambini possono

giocare liberi ma entro uno spazio cir-

coscritto e sorvegliato dai genitori. Per

analogia FCA sorveglia le Fintech ‘da

piccole’ dando molta libertà entro certi

limiti di azione, così da non soffocare

l’innovazione dalla nascita. Quando

poi crescono, le Fintech escono dalla

‘sandbox’ e sono tenute alle stesse re-

gole di banche e altri. Anche Consob e

Banca d’Italia sembrano orientate ver-

so questo approccio”.

I grandi big della Rete (Amazon,

Google, Facebook, E-Bay o Ap-

ple) potrebbero diventare delle

sorte di competitor nella raccolta

del credito?

“Oggi le grandi Internet Company sono

focalizzate sullo spazio naturale dove

gestire il proprio business. In alcuni ca-

si si sono approcciati a quello creditizio

ma più che altro per rafforzare il loro

core business. Prendiamo ad esempio

Apple Pay, che è stato sin qui sviluppato

in partnership con le banche per rende-

re lo smartphone ancora più importan-

te per le persone. Questa operazione

non è stata fatta per generare business

dai pagamenti quanto per rafforzare

l’utilizzo oggetto cellulare. Anche Ama-

zon sembrerebbe focalizzare le proprie

attività creditizie verso l’ecosistema di

esercenti o clienti più al fine di favorire

la propria attività’ commerciale che di

generare profitti finanziari. Ma non è’

certo ancora detta l’ultima parola”.

@lurossi_71

marzo 2018

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