da di figure in ambito digitale doppia
rispetto a quella europea, ma non era-
vamo in grado, come apparato formati-
vo, di produrre figure di questo tipo. Se
consideriamo solo l’aspetto tecnologico
delle professioni richieste delle aziende
nell’area di Milano, la tecnologia è il set-
tore in cui c’è più richiesta di talenti ma
quasi la metà delle offerte di lavoro non
ottiene risposta dai professionisti perché
mancano le competenze. Oggi a Milano
la conoscenza delle lingue straniere è
una competenza abbastanza diffusa tra
i giovani, un tempo no. Ma nel mondo
digitale c’è un’accelerazione spinta. Si
pensi, per esempio, che la competenza
relativa alla stampa di oggetti 3D è una
immediata necessità che deve essere ac-
quisita in fretta. Ma lo Stato è in grado
di garantire questa competenza diretta-
mente ai giovani che escono dalle diverse
facoltà, oppure ci vuole più tempo? Forse
va implementata alla stessa velocità con
cui cresce il mondo digitale. Su LinkedIn
abbiamo inserito tra le varie descrizioni,
la voce competenze. Ci siamo resi conto
che spesso alcune persone perdevano
l’opportunità di ‘cliccare’ su un’opportu-
nità lavorativa solo per mancanza di una
o due competenze. Ci siamo chiesti e ab-
biamo agito affinché sulla piattaforma ci
fosse un sistema che aiutasse il candidato
carente di competenze a capire come ot-
tenerle. Due anni fa abbiamo comprato
una piattaforma di learning che oggi si
chiama LinkedIn learning, un portale di
formazione video chiamato Lynda, che
oggi abbiamo messo a disposizione dei
“Sono diventate più disponibili. Se un’a-
zienda ha bisogno di espandersi e ha
l’obbligo di modernizzarsi, ha anche
bisogno di talenti. Questi potranno af-
facciarsi all’azienda solo se la stessa sarà
stata in grado di ‘metterci la faccia’. Le
aziende sono passate dall’essere osser-
vatrici di un mondo digitale ad attrici
protagoniste di quel mondo digitale glo-
bale che si chiama LinkedIn. E, da parte
nostra, osserviamo questo cambiamen-
to: all’inizio parlavamo solo con il repar-
to risorse umane, via via ci approcciamo
anche al top management, al marketing
e la comunicazione ecc.”.
Può farci un esempio?
“Si pensi a un ingegnere di 25 anni,
preparato, con master, ha lavorato
all’estero e vuole cambiare azienda o
trovare un nuovo lavoro. Secondo lei, si
avvicinerà con più facilità a un’azienda
che su LinkedIn ha un brand interessan-
te, pulito, un piano carriera chiaro, un
management illuminato che lo ispira,
oppure avrà maggiore attenzione verso
un’offerta arrivata attraverso un inter-
mediario che non conosce, attraverso
un processo di selezione che lascia bu-
chi nel percorso, e senza referenze? La
risposta è ovvia”.
Evoluzioni delle nuove figure pro-
fessionali con l’avvento del digitale.
L’Italia di LinkedIn come risponde?
“Rispetto ad altre country, nelle nostre
ricerche credo che fino a due o tre anni
fa fossimo indietro. C’era una doman-
nità di lavoro. Infine, ci sono giovani che
hanno un approccio diverso sul lavoro
rispetto a un cinquantenne: è il giovane
che vuole scegliere l’azienda in cui la-
vorare, sulla base di parametri che sono
diversi da prima: li abbiamo studiati e
abbiamo suggerito alle aziende a caccia
di talenti, la possibilità di esprimere ciò
che sono: facendole raccontare dai pro-
pri leader, passando un messaggio puli-
to e chiaro, permettendo ai dipendenti
di raccontare le aziende, di valutare e di-
scutere progetti e mettere like. Il mondo
LinkedIn, lato utente, è passato dall’es-
sere un luogo virtuale in cui ci si va, ma-
gari di nascosto, a un luogo dove l’uten-
te c’è ed è ben visibile, non si nasconde”.
Come sono cambiate le società
che si approcciano a LinkedIn per
cercare professionisti?
20
marzo 2018