Le aziende italiane che operano in
Cina sono abbastanza tutelate dal
punto di vista della proprietà intel-
lettuale?
“La ‘economic rule of law’ è stata sem-
pre una delle questioni su cui gli inve-
stitori stranieri hanno chiesto alla Cina
di fare di più. La Camera di Commercio
Europea nel suo position paper annuale,
che raccoglie il punto di vista delle im-
prese europee in Cina, chiede da tempo
più certezza del diritto e maggiore tra-
sparenza. È vero però che sono stati fatti
importanti passi avanti in tale direzione.
Mi riferisco ad esempio all’istituzione di
tribunali speciali sulla proprietà intellet-
tuale - creati per salvaguardare anche
gli stessi marchi cinesi - che ha effettiva-
mente consentito una più efficace prote-
zione dei nostri marchi. Nel contempo,
continuiamo ad auspicare maggiori pro-
gressi sul fronte della tutela dei brevetti
delle aziende italiane. In Cina le nostre
aziende possono contare sul pieno so-
stegno dell’Ambasciata che, in raccordo
con le altre Istituzioni del Sistema Italia
e con la Delegazione UE, sono costante-
mente impegnate nell’azione di tutela
dei loro legittimi interessi attraverso un
consolidato dialogo con le Autorità cine-
si. In particolare, l’Ambasciata ha elabo-
rato a partire dal 2013 un ‘Dossier con-
tenente casi emblematici di contenziosi
in cui sono coinvolte aziende italiane in
Cina’ che viene regolarmente sottoposto
all’attenzione delle Autorità cinesi in oc-
casione delle visite di alto livello dall’Ita-
lia. Abbiamo positivamente riscontrato
che, negli ultimi due anni, diversi casi
contenuti nel Dossier hanno trovato una
soluzione soddisfacente, in materia ad
esempio di protezione dei marchi e con-
tenziosi societari o con la Pubblica Am-
ministrazione”.
Sono passati alcuni mesi dal Belt
and Road Forum for the Internatio-
nal Cooperation. L’Italia si è distin-
ta per la presenza del primo mini-
stro, Paolo Gentiloni. Quali sono le
ricadute ipotizzabili per l’Italia da
tale iniziativa?
“La ‘Belt and Road Initiative’ (BRI), lan-
ciata dal presidente Xi Jinping alla fine
del 2013, è oggi il fulcro della strategia
cinese di proiezione dei suoi interessi,
come emerge chiaramente anche dagli
ultimi appuntamenti che hanno scan-
dito la politica interna di questo Paese.
La BRI è quindi un processo che si svilup-
perà con o senza di noi. Esserci e a farne
parte attivamente è molto importante,
soprattutto in questa fase in cui se ne
definiscono le regole. Per tali ragio-
ni, l’Italia ha creduto sin dall’inizio alle
grandi potenzialità della BRI. Di qui la
scelta dell’Italia di essere socio fondato-
re della Asian Infrastructure Investment
Bank (AIIB) e del presidente Gentiloni
di partecipare al ‘Belt and Road Forum
for International Cooperation’ lo scorso
maggio”.
In concreto quali saranno le oppor-
tunità?
“L’importanza del ruolo dell’Italia nel
quadro della Nuova Via della Seta emer-
ge chiaramente se consideriamo in par-
ticolare due aspetti. In primo luogo, allo
stato attuale più del 90% del flusso di
merci che arrivano dalla Cina all’Eu-
ropa viaggia via mare ed è quindi evi-
dente una preponderanza nel contesto
della BRI della componente marittima.
Nell’ambito di quest’ultima il Mar Medi-
terraneo gioca un ruolo fondamentale:
la tratta Europa-Estremo Oriente, trami-
te il Mediterraneo, oggi pesa per il 42%
sul mercato globale a fronte di un 44%
della tratta transpacifica. Alla luce di
questo contesto di riferimento, l’Italia,
dotata di eccellenti porti e infrastruttu-
re, collegata ai principali corridoi euro-
pei tramite le sue efficienti reti stradali
e ferroviarie, riconosciuta come seconda
base manifatturiera d’Europa e Paese
leader nell’innovazione tecnologica, è
un terminale ideale della Nuova Via del-
la Seta e ha tutte le carte in regola per
diventare un hub strategico nelle rotte
commerciali tra Europa e Cina”.
Intanto i segnali che arrivano sui rap-
porti tra Italia e Cina sono positivi. Il
2017 ha segnato un netto incremen-
to delle esportazioni italiane verso la
Cina: +25% nei primi nove mesi. Da
dove nascono questi numeri?
“I dati testimoniano che i rapporti com-
merciali tra Italia e Cina attraversano una
fase particolarmente positiva, che non si
verificava da anni. Questi risultati deriva-
no da un insieme di fattori. Il 2017 è stato
un anno in cui si sono susseguiti scambi
istituzionali senza precedenti e ciò ha dato
un fortissimo impulso ai rapporti econo-
mico-commerciali tra i due Paesi. Il dia-
logo istituzionale è stato accompagnato
dalla realizzazione di numerose iniziative
anche nelle Province cinesi. Dalle missioni
di sistema nelle città cosiddette di secon-
da e terza fascia per presentare i punti di
forza del nostro Paese alle Autorità loca-
li, agli eventi promozionali dedicati, ad
esempio, ai macchinari utensili, ai prodotti
alimentari, al design, sino alle conferenze
organizzate congiuntamente con le com-
petenti Autorità cinesi per discutere di
tematiche quali la salute, la sicurezza ali-
mentare, l’energia, l’ambiente: i settori in
cui l’Italia vanta modelli di efficienza glo-
balmente riconosciuti. Un’azione portata
avanti congiuntamente con l’Agenzia ICE,
che nel Programma Promozionale Mise-
ICE dedicato alla Cina ha quadruplicato i
fondi destinati alla promozione in questo
Paese, e con la Camera di Commercio Ita-
liana in Cina. In Cina è fondamentale man-
tenere un rapporto strettissimo tra Istitu-
zioni nazionali (Ambasciata, Consolati e
ICE in primo luogo) e il nostro business. In
un Paese in cui spesso la politica precede o
guida l’economia, l’assistenza istituzionale
che possiamo offrire assume spesso un’im-
portanza cruciale. È ciò che chiamo ‘fare
sistema’ nei fatti e non solo a parole”.
@fab_patti
marzo 2018
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