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giugno 2017

Ilsindacato4.0

nonhapaura

del futuro

MarcoBentivogli è il prototipodel

sindacalista inepocadi Industria4.0.

Partedall’autocriticadi unsindacato

inpassatospessoautoreferenzialee

chiededi cambiare laproprianarrazione

mettendosi ingioco. Ese le fabbriche

sarannosmart serveunsindacatosmart,

cheascolti enonabbiapauradel futuro.

Siamoandati a trovarlo

diFabrizioPatti

sto le posizioni della FIM prevalere, sia

nei voti nelle fabbriche FCA, sia perché

i risultati promessi sono effettivamente

arrivati (la stessa FIM periodicamente

diffonde le note con l’aggiornamento

dei dati stabilimento per stabilimento).

Per rivendicare questi risultati, ma so-

prattutto per segnare la strada di fron-

te alle sfide che l’Industria 4.0 pone al

lavoro e alle rappresentanze sindacali,

Bentivogli nel 2016 ha pubblicato il vo-

lume ‘Abbiamo rovinato l’Italia?’, edito

da Castelvecchi. Lo abbiamo raggiunto a

Milano per farci raccontare la sua visione

del lavoro e del sindacato in un mondo

che cambia quanto mai velocemente.

Segretario Bentivogli, una delle frasi

più significative del suo libro è: “Quan-

do una fabbrica diventa smart, serve

anche un sindacato smart”. Cos’è il sin-

dacato smart?

“È prima di tutto un sindacato che ascol-

ta, che è capace di non avere paura del

futuro. Ma è soprattutto un sindacato

che scopre una capacità inedita: noi ab-

L

e prime volte che i discorsi di Mar-

co Bentivogli, segretario generale

della FIM (il sindacato dei metal-

meccanici della Cisl), hanno cominciato

a finire sulle pagine dei grandi quotidia-

ni nazionali, in molti si sono accorti che

erano diversi da quelli di tutti gli altri

sindacalisti. Erano pieni di numeri, di ri-

ferimenti a tecnologie di avanguardia

e di richiami ad analisi provenienti da

mondi accademici d’Oltreoceano. Erano,

soprattutto, emendati di quella retorica

sindacale che ha reso negli anni le rap-

presentanze dei lavoratori lontanissime

dal cuore dell’opinione pubblica e degli

stessi lavoratori. Oltre alle parole, ci so-

no stati i fatti: il banco di prova è stata

la Fiat, ora FCA. Mentre la Fiom faceva le

barricate, rispetto ai piani annunciati ne-

gli anni da Sergio Marchionne, la FIM e

la Uilm hanno letto le carte e capito che

potevano funzionare. Non solo: hanno

deciso di proseguire pur sapendo di an-

dare incontro alle accuse di tradimento

da parte del sindacato più intransigente.

È stata una lotta durissima ma che ha vi-

biamo sempre inseguito il cambiamento

e una parte del sindacato si è sempre di-

feso dal cambiamento. Io ritengo invece

che per giocare un ruolo sia indispensabi-

le anticipare il cambiamento, sia dal pun-

to di vista delle competenze sia delle piat-

taforme politico-sindacali. Soprattutto

per quanto riguarda Industry 4.0, perché

noi non avremo scampo: le fabbriche sa-

ranno più facilmente workerless e union

free. Se il sindacato si sporcherà le mani,

in senso buono, nella costruzione dell’ar-

chitettura sociale attorno all’impresa e

dell’architettura industriale, il ruolo della

persona sarà dentro un dibattito che al-

trimenti rischia di caratterizzarsi solo per

le questioni economiche e tecnologiche.

È per questo serve un sindacato ‘intelli-

gente’, capace di comprendere che biso-

gna cambiare: bisogna cambiare forme

di lotta e bisogna cambiare regole di in-

gaggio nel rapporto tra lavoro e impresa.

Il terreno si deve alzare sui terreni della

partecipazione e della co-determinazio-

ne. Una smart union è poi un sindacato

che è capace di far sintesi. Oggi ci sono