siano molti lavori gravosi, noiosi e non
qualificanti e nocivi che siano da sostitui-
re. È ovvio che su questo la sfida è, come
abbiamo fatto nel contratto dei metal-
meccanici, nella formazione”.
Parliamo intanto dei datori di lavoro.
Quanto sono ricettivi delle tendenze
dell’Industria 4.0? E quanto useran-
no gli incentivi per le flotte aziendali
invece di investire sui macchinari che
portano a un vero incremento di pro-
duttività?
“Ci sono tre atteggiamenti tra gli impren-
ditori. Ci sono quelli che seguono le mode
ma che tra una moda e l’altra non cam-
biano dentro questa che sarà una grande
rivoluzione. C‘è la base minoritaria che ci
crede davvero e sta, come una parte del
sindacato, studiando mettendoci le mani.
E c’è invece chi compie gli abusi di turno.
Il problema italiano è che abbiamo mol-
te imprese che sono ancora 2.0, non so-
no 3.0. E allora noi abbiamo detto che il
Piano Calenda è un piano importante; ma
che serve una capacità di discernimento
tra l’elaborazione di un’impresa del futu-
ro con le frodi. Se io metto un lettore la-
ser o un codice a barre in fondo a un tor-
no non ho fatto un’industria 4.0 ma sono
ancora indietro di una generazione”.
Come si riesce a portare avanti un di-
scorso riformista in un’epoca di massi-
malismo?
“Si parla spesso della solitudine dei ri-
formisti. Io credo che sia un altro degli
aspetti inevitabili della nostra linea sinda-
cale. Oggi se difendiamo il lavoratore la-
borioso, operoso e responsabile e lo met-
tiamo insieme al lavoratore fannullone e
furbetto, sappiamo che rispetto al passa-
to il primo sarà ancora più arrabbiato. È
arrabbiato perché deve compiere il lavo-
ro per chi non lo fa e perché vede che il
sindacato troppo spesso non ha fatto un
discernimento, una distinzione rispetto a
questi due tipi di lavoratori. Io dico sem-
pre: chi mette insieme i diritti e gli abu-
si dei diritti deve sapere che è complice
dell’attacco, quello vero, ai diritti”.
A dicembre scorso siete riusciti a firma-
re il nuovo contratto dei metalmecca-
nici. Qual è l’aspetto più importante di
questo contratto?
“È stata una svolta vera, perché è una
delle rare occasioni in cui si ricostruisce
un’unità, - dopo 15 anni di scontri, sedi
incendiate, dirigenti sotto scorta eccete-
ra - in avanti, non indietro. Troppo spes-
so l’unità si rimette insieme sommando
le posizioni. Noi invece non solo abbia-
mo fatto una sintesi. L’abbiamo fatta nel
sindacato che più si era scontrato e con
le due personalità che più si erano scon-
trate: io e Landini siamo cani e gatto. Le
differenze non sono cambiate però aver
portato anche la Fiom dentro questo di-
scorso penso sia un grande risultato. Per
me il fiore all’occhiello è il diritto sog-
gettivo alla formazione. Io sostengo che
il diritto soggettivo alla formazione do-
po la salute sia il diritto più importante
dei lavoratori”.
@fab_patti
giugno 2017
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