In questo contesto, il reddito di cittadi-
nanza risponde a questa illusione di po-
tersi liberare dal lavoro e di avere un Pa-
ese comunque con una sua sostenibilità.
Ci sono queste teorie californiane che di-
cono: Industry 4.0 spiega che lavoreran-
no il 10% delle persone e gli altri vivran-
no di reddito di cittadinanza. Oltre che
insostenibile dal punto di vista econo-
mico, io lo considero proprio sbagliato.
Penso che il pontefice su questo abbia
dato un giudizio condivisibile: quando
dice nell’enciclica ‘Laudato Si’ che il lavo-
ro è tutto ciò che trasforma le esistenze,
dà anche un ruolo alla persona che lavo-
ra, di trasformazione in senso positivo di
ciò che ritroviamo nella realtà”.
A proposito del tema delle trasforma-
zioni del lavoro nell’era dell’Industria
4.0: lei sostiene che la robotica non la
spaventa. Altri dicono il contrario: sono
esagerati?
“Assolutamente sì. Tra l’altro c’è un er-
rore molto italiano di confondere l’uti-
lizzo della robotica con il 4.0. La robotica
arriva in Italia con la Fiat Punto. Le linee
di montaggio negli anni Ottanta già
utilizzavano le catene di montaggio ro-
botizzate di Comau. Il dato nuovo è che
nella curva di prezzo orario tra il robot e
la persona, da quest’anno c’è un punto
di congiunzione tra i due costi. Ma biso-
gna fare in modo che il lavoro delle per-
sone sia veramente il lavoro insostitui-
bile. Secondo me si aprono grandissime
quantità di nuovi lavori in cui la persona
è realmente insostituibile. Io credo che ci
di mestiere ma di spiegarsi con sempli-
cità”.
Serve ancora lavorare otto ore, visto
che la catena di montaggio si va fram-
mentando e il lavoro a distanza è una
realtà?
“Assolutamente no. Anche su questo
noi per primi abbiamo cercato di dire
che se l’impresa chiede una responsa-
bilità sulla produttività al lavoratore,
per i lavoratori è una situazione di libe-
razione, non un limite, poter arrivare a
quegli obiettivi senza avere una collo-
cazione spazio-temporale della propria
prestazione. Lo smart working secondo
me apre ampi spazi di crescita. Il dibat-
tito sulla tecnologia e il cambiamento
di collocazione fisica e temporale della
prestazione del lavoro, è qualche cosa
da cui non difendersi ma da gestire nel-
la contrattazione. Io ho una bambina di
sette anni, Emma. Sono sicuro che i fi-
gli di Emma giudicheranno ridicolo che
milioni di persone si spostano la matti-
na verso le grandi città. È qualcosa che
non accadrà e si potranno utilizzare
meglio le risorse naturali, ci sarà meno
inquinamento, le persone concilieran-
no la propria vita familiare, la propria
vita in generale. Una famiglia a Milano
o Roma quando arriva a lavorare ha già
combattuto, per accompagnare i figli,
per il traffico, per la gestione dei tem-
pi lavorativi da conciliare con gli ora-
ri di lavoro. Questo risponde anche al
dibattito storico, che riemerge oggi su
Industry 4.0, tra chi dice ‘liberarsi dal la-
voro’, che a me sembra una follia, e chi
dice ‘liberarsi nel lavoro’, che a me sem-
bra la strada più importante. Su questo
il futuro apre grosse opportunità”.
Lei si è detto contrario al reddito di
cittadinanza. In Finlandia però stan-
no provando, sostituendo i sussidi di
disoccupazione con il reddito di citta-
dinanza. Perché gli attuali programmi
non incentivano a trovare un nuovo
lavoro. Perché il reddito di cittadinanza
non è una soluzione?
“Noi come Cisl e assieme alle associa-
zioni di Alleanza contro la povertà so-
steniamo il reddito di inclusione. È uno
strumento di portata inferiore e sosteni-
bile sul piano dei costi. Bisogna subordi-
nare il sussidio, l’integrazione, il reddito
d’inclusione appunto, all’accettazione
di un percorso in cui ci si libera disoccu-
pazione, in cui si accettano percorsi di
formazione e occasioni di riqualifica-
zione. Il nostro Paese è un Paese in cui
è elevatissimo il numero dei Neet, cioè
persone che non cercano lavoro e non
sono dentro percorsi di formazione
di nessun tipo. Dico una cosa che può
sembrare impopolare ma spesso c’è una
scelta di questo tipo, dentro un rifugio
familiare che non favorisce l’autonomia
delle persone. Nel nostro Paese c’è uno
scarso protagonismo politico e civile e
anche imprenditoriale e anche sindacale,
spesso, perché il nostro è un Paese in cui
è saltata la scuola come agenzia educati-
va, è saltata la genitorialità della mia ge-
nerazione nei confronti dei più giovani.
24
giugno 2017