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logia. Praticamente non esiste start-up

in Israele che non abbia almeno uno

sviluppatore, CTO o fondatore che era

nell’Unit 8200. Le tecnologie che esco-

no da queste unità sono applicate alla

quotidianità e ispirano start-up sor-

prendenti. Inoltre, una delle caratte-

ristiche dell’IDF è che le persone intel-

ligenti vengono ascoltate e promosse

in base alle loro competenze. I giovani

sono esposti alla responsabilità. Gli uffi-

ciali di alto rango si consultano con sol-

dati meno anziani se apprezzano la loro

esperienza.

La mancanza di risorse naturali è un’al-

tra delle motivazioni alla base dello

spirito d’innovazione di Israele che si è

trovata costretta a sviluppare fonti di

energia alternative. Per non parlare del-

la mancanza di acqua. Fin dai suoi primi

giorni, infatti, Israele ha dovuto lottare

con la siccità. Tuttavia, attraverso lo svi-

luppo di metodi aggressivi di desaliniz-

zazione, Israele ha risolto uno dei suoi

più gravi problemi. Oggi, Israele guida il

mondo dei processi di desalinizzazione.

Grazie alla tecnologia, Israele è in gran

parte indipendente dall’acqua.

Israele si trova in una regione tumul-

tuosa circondata da pochissimi amici,

pertanto gli israeliani hanno sviluppato

un meccanismo di autoconservazione

radicato nell’autosufficienza. Questo

atteggiamento è pervasivo nella mag-

gior parte degli israeliani, compresi i

fondatori e gli amministratori delegati

delle start-up. E, sebbene Israele abbia

molti partner commerciali in Europa e

negli Stati Uniti, la minaccia di un em-

bargo commerciale o di sanzioni eco-

nomiche è onnipresente. La situazione

precaria ha costretto Israele a creare

una nuova definizione per l’innovazio-

ne: creare qualcosa dal nulla.

Per di più, la società israeliana è molto

diversa, con divisioni etniche, religiose e

persino tribali. Tuttavia, queste divisioni,

seppure reali, sono in gran parte irrile-

vanti nel settore privato israeliano. In ef-

fetti, gli israeliani hanno compreso il po-

tere della diversità e come sfruttare la sua

forza nella cultura aziendale. Le aziende

che desiderano avviare operazioni in-

ternazionali possono facilmente trovare

manodopera qualificata in pochi giorni.

Israele è satura di gente di madrelingua

inglese, francese e russa, ma sono dispo-

nibili anche altre lingue esotiche.

L’afflusso di ebrei sovietici alla fine degli

anni 80 in Israele ha rappresentato un

aumento della popolazione del 25% in

dieci anni. A questi immigrati nell’Urss

era vietato possedere terreni o imprese,

molti di loro dunque si dedicavano alla

scienza, ingegneria e matematica. Oggi

questi immigrati e i loro figli sono par-

te integrante della storia del successo

di Israele. Inoltre, Israele attira conti-

nuamente lavoratori qualificati da Stati

Uniti, Canada, Australia, Regno Unito e

Francia.

Ma tutto questo non varrebbe molto se

non si tenesse conto delle caratteristi-

che caratteriali proprie degli israeliani.

Nel libro The Culture of Military Inno-

vation pubblicato nel 2010, l’autore, il

professore Dima Adamsky, sostiene che,

l’individualismo israeliano si esprime in

un “atteggiamento disinvolto nei con-

fronti delle regole e dei regolamenti,

nell’autosufficienza e nel poco rispetto

dell’autorità imposta”. Questa resisten-

za collettiva all’autorità, unita a una

forza lavoro altamente qualificata, ha

prodotto una società di imprenditori.

Gli israeliani hanno un talento per ve-

dere un problema e trovare una solu-

zione tecnologica per risolverlo, hanno

il coraggio di fare qualcosa indipenden-

temente da ciò che pensa la gente, la-

vorare in condizioni difficili. Ecco qui la

ricetta per il successo.

@simonapolitini

marzo 2018

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