novembre 2017
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ne. Il ristorante non vuole che il prezzo
che mette sul prodotto di vendita sia
confrontabile. Siamo un poco danneg-
giati. Ma sappiamo di avere la primissi-
ma qualità, non ci batte nessuno. E quin-
di piano piano stiamo ritornando a ven-
dere anche presso la ristorazione”.
Come è stato il rapporto con la Francia?
“Devo dire grazie perché sono stato ri-
cevuto benissimo. Da sempre ho avuto
la curiosità scientifica di capire se il sa-
pore così particolare dello Champagne
fosse merito della natura o dell’uomo.
Dopo anni ho dovuto alla fine cedere
all’evidenza: è merito della natura. Certi
Champagne sono irrangiungibili. Questa
frase può dare molto fastidio a molti, ma
io non posso che dare la mia onesta valu-
tazione da tecnico”.
Il gusto degli assaggi lo conserva?
“Certo, ma a casa bevo sempre. L’altro
giorno ho dovuto assaggiare 22-23 vini
rossi. Non è uno scherzo, anche se natu-
ralmente non vengono ingeriti. Io bevo
acqua tutti i giorni e passo 3-4-5 giorni
senza toccare alcol, di nessun genere.
Nel nostro mestiere tanti colleghi si sono
lasciati prendere la mano”.
Intanto il mondo cambia e si fa sempre
più globalizzato. Quando vede il capo
di Alibaba fare gli accordi e dire che
punteranno moltissimo sul vino italia-
no, che cosa prova?
“Mi fa l’effetto che bisogna svegliarsi. Il
vino italiano è buono, però ormai c’è il
vino in tutto il mondo, si produrrà anche
in Cina. Io sono già andato nella zona vi-
ticola più importante”.
A proposito di glocal, è tornato al cen-
tro della discussione politica il tema
dell’autonomia dei territori. Lei che ne
pensa?
“È qualcosa che mi emoziona. Le istituzio-
ni devono essere coerenti con le esigenze
territoriali e qualche volta non lo sono, ci
remano contro o non le favoriscono. Ab-
biamo molto da imparare dai francesi. Lo
Champagne ha un consorzio che ogni an-
no decide quanto vino ha diritto al nome
Champagne e quanto è da mettere a ri-
serva. Noi dobbiamo passare da istituzioni
regionali che sono molto poco reattive”.
@fab_patti
E dopo la pubblicazione dei bilanci?
“Tutta la gente appassionata di vino fu
stimolata a farsi la propria aziendina. Il
primo che mi ha seguito è stato Maurizio
Zanella; figlio di genitori ricchissimi, so-
prattutto da parte di madre, ha potuto
utilizzare un’aziendina agricola che ave-
vano a Erbusco. Erano di origine dell’Al-
to Adige ma abitavano a Milano, io l’ho
conosciuto perché sono venuti a visitarci.
Nel visitare questa azienda, che allora
era piccola ma era già bella, lui non ha
avuto dubbi. Poi sono venuti tanti altri”.
E di errori ne ha fatti?
“Essere in grande distribuzione in passa-
to ci ha penalizzato presso la ristorazio-
Guido Berlucchi e Franco Ziliani negli anni ‘80.