20
novembre 2017
sona elegantissima, con tanto di loden
e guantini. Fumava le Lucky Strike con
un bocchino lunghissimo. Ho pensa-
to: ‘è quello lì Guido Berlucchi’ e mi
sono presentato. Due giorni dopo lo
raggiungo a casa Berlucchi e comincia-
mo a collaborare. Ma nella mia testa
c’è una rotellina che non si ferma mai,
dalla mattina alla sera. Dopo un an-
no o due ho cominciato a pensare che
potesse la produzione essere adatta a
fare un vino simile allo Champagne.
C’erano il nome Franciacorta, la casa
Berlucchi, la cantina seicentesca che
mi garantiva le temperature, la dispo-
nibilità di Guido Berlucchi, ottenuta
dopo vari ragionamenti. In sostanza
dopo un paio di anni cominciammo a
fare il primo tentativo. Per due anni è
andata buca. Il terzo anno però riesco
a correggere tutti gli errori fatti. Era
l’anno 1961. Siamo così affezionati a
quella data che abbiamo etichettato
una cuvée chiamata ’61”.
Lei viene definito il padre della Fran-
ciacorta come la conosciamo adesso,
cioè come distretto del vino rinomato
in tutta Europa. Come nasce la Fran-
ciacorta?
“Nasce anche per merito di un giorna-
lista. Un giornalista, con il quale ho liti-
gato tante volte, contro cui ho proprio
sbraitato. Lui andava a vedere i nostri bi-
lanci e li pubblicava. Eppure è stata pro-
prio la pubblicazione dei nostri numeri,
che erano straordinari, a creare un effet-
to dirompente. Tutto cambiò quando di-
ventammo una società di capitali, attor-
no al 1972-1973, e dovemmo depositare
il bilancio in Camera di Commercio”.
alla produzioni di vini di qualità, nel
consiglio di amministrazione sedeva il
conte Maurizio Cinzano, e aveva una
cantina fornitissima. C’erano labo-
ratori completi, un microscopio per
alunno. E il preside era un appassiona-
to di Champagne. Così un giorno devo
averne parlato a casa a mio padre, che
si occupava di vino come sua padre e
suo nonno. Sta di fatto che un Nata-
le, anziché utilizzare il solito Asti Spu-
mante, mio padre arrivò con due bot-
tiglie di Champagne. A Palatico, sul
Lago d’Iseo, era una cosa difficile da
vedere. Mi ricordo anche il nome, Pi-
per-Heidsieck, in Italia lo chiamavano
Pipèr. Era il 1952, lo assaggio e penso
per me il vino è questo qui”.
Poi arriva l’incontro con Guido Berluc-
chi. Com’è avvenuto?
“L’incontro è avvenuto tramite un
amico di mio padre, il signor Alessan-
dro Borghesi, che faceva il mediatore
di molti signori della Franciacorta che
avevano bisogno di vendere il grano e
quel poco vino che avevano e di cam-
biare bestiame. La conduzione dei ter-
reni era a mezzadria e talvolta veniva-
no coinvolti anche i padroni dei terre-
ni. Questo signore mi disse: ‘Ho dato
il tuo nome al signor Guido Berlucchi
perché ha una partita di vino bianco
che non riesce a tenere limpido, vor-
rebbe che tu lo aiutassi’. Mi diede
l’appuntamento un lunedì mattina in
occasione del mercato del bestiame
di Rovato, al Caffè Laglio, che oggi è
chiuso. In mezzo a tutta la massa di
contadini, tutta gente molto operosa
e vestita da campagna, c’era una per-
ha una sua vita, ma la vita non è fissa, la
si può allungare, le persone no e non si
possono sostituire”.
Ma è una questione simbolica e basta?
I figli non erediteranno un domani?
“Intano aspettano. Il mio concetto è
quello di metterli di fronte alle loro re-
sponsabilità”.
Ma si sono indebitati?
“Per forza. E hanno cambiato sistema,
cominciano a stare attenti a tutte le spe-
se, cosa che io volevo che si verificasse.
Se il presidente è il papà, beh il papà
molla sempre. Invece ora i debiti sono
loro. E ho ottenuto il mio scopo. Ho stu-
diato per tanti anni il concetto che i miei
figli affrontassero con le loro forze, la lo-
ro mentalità e l’educazione che io gli ho
dato, il problema della gestione”.
Le hanno detto grazie per questo sen-
so di responsabilità che ha voluto da-
re loro?
“Sì, mi dicono grazie. Si sentono rispet-
tati. Ora cominciano anche a sentirsi soli
ed è quello che voglio che si sentano”.
Cavalier Ziliani, partiamo dalle origini
di questa azienda: come nasce l’avven-
tura della Berlucchi e della Franciacor-
ta come la conosciamo oggi?
“La mia passione è nata quando ero
ancora studente. Ho frequentato la
scuola enologica di Alba, alla quale
rivolgo sempre un pensiero. Io ero un
pessimo studente, ero l’ultimo, ma le
materie che mi piacevano le studia-
vo, a partire dalla biologia enologi-
ca. La scuola era da sempre orientata