novembre 2014
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alle sue epiche battaglie in Fiat, non è solo
a Torino. Prima di quella lunga esperienza
è stato amministratore delegato di Alitalia,
e chiuso il ciclo automobilistico è stato per
sei anni presidente di RCS. Tra i primi intuì
gli enormi potenziali che arrivavano dalla
Cina e nel 2003 contribuì a fondare da Fon-
dazione Italia Cina. Oggi, a 91 anni, Cesare
Romiti è il presidente della Fondazione e
resta una figura a cui guardare col rispetto
dovuto a chi ha lasciato una impronta in-
delebile nel nostro Paese.
Dottor Romiti, quando è nato il suo inte-
resse per la Cina?
“Nasce nella parte di attività che io ho svol-
to in Fiat a partire dal 1974. Tra le tante
cose fatte, ne voglio ricordare una in parti-
colare: ci hanno proposto di fare una joint-
venture a Nanchino, con un gruppo cinese
per produrre camion e autobus. Dato che
il personale cinese non aveva esperienza
sufficiente, ci proposero di mandare un
certo numero di persone in Italia per acqui-
sire le competenze. Mandarono circa mille
persone: dagli operai destinati alla produ-
zione, a quelli destinati al montaggio, ai
progettisti, ai disegnatori, ai commerciali e
agli amministrativi, insomma hanno man-
dato tutti, per un anno in Piemonte. Alla
fine dell’anno gli operai mi salutavano in
italiano. E quando sono ritornati in Cina e
abbiamo aperto la fabbrica tutto è partito
benissimo. In questo anno passato in Italia
mi sono accorto che i cinesi sono cultural-
mente molto vicini agli italiani, hanno la
stessa mentalità, lo stesso modo di fare e di
arrangiarsi”.
Lei è presidente della Fondazione Italia
Cina, quindi osserva i rapporti tra i due Pa-
esi da un punto privilegiato: ci scatta una
fotografia della Cina da un punto di vista
sociale e macroeconomico attuale? E di
prospettiva?
“Da un punto di vista economico, possia-
mo dire che la Cina rappresenta oggi uno
dei mercati di riferimento più importanti
per le aziende italiane. Non parliamo più
solo di un Paese dove produrre, ma di un
An opportunity called
China
He’s one of the men who built the
Italian economy, no doubt about it.
Cesare Romiti is an emblematic figure
who has written some of the most
important chapters in the history of
Italian business. He was one of the
architects in the ‘70s and ‘80s of the
rebirth of Fiat, in the most difficult
period, financially and in terms of union
relations, in the history of the Turin
car maker. Subdued in his manner but
firm in his decisions. As CEO of Fiat
starting in ‘76, he immediately had to
face the dark years of terrorism, then
the great revival of the ‘80s, the crisis of
‘93 and the success of the ‘90s. It is due
to his vision and his determination if in
those years, the automotive giant did not
embrace Ghidella’s strategy of focusing
exclusively on cars, but became instead
a core holding company with diversified
interests. A choice that subsequent years
would prove to be the winning strategy.
But the managerial career of Romiti,
while tied to his epic battles at Fiat, is
not limited to Turin. Before that he
was CEO of Alitalia, and then after
his experience with automaker he was
president of RCS for six years. He was
among the first to realize the enormous
potential of China, and in 2003 co-
founded the Italy-China Foundation.
Today, at age 91, Cesare Romiti is the
president of the Foundation and remains
a figure to regard with the respect due to
those who have left an indelible imprint
on our country: “From an economic
point of view, we can say that China is
now one of the most important markets
for Italian companies. We no longer
speak of an alternative production base,
but of a country in which to invest, a
great opportunity for distribution and
sales”.