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progettare 387

MARZO

2015

33

Su quest’ultimo versante l’Italia oc-

cupa comunque una posizione non

troppo brillante, con una percentuale

di brevetti che coinvolgono partner

internazionali inferiore al 20%mentre,

per quanto riguarda la produzione di

articoli scientifici, poco meno del 40%

degli articoli pubblicati da istituzioni di

ricerca italiane coinvolgono ricercatori

con sede all’estero, a fronte del 50%

dei Paesi del nord Europa, del 60%

della Svizzera e del 70% dell’Islanda.

Cifre non esaltanti ma comunque mi-

gliori di quelle di Stati Uniti e Corea

(poco meno del 25%), e Cina (poco

più del 15%).

Manifatturiero ed esportazioni

L’Italia resta comunque il secondo Pa-

ese in area Ocse per esportazioni nel

manifatturiero, e la settima economia

quanto a esportazioni totali. Tutta-

via se consideriamo il ‘commercio di

valore aggiunto’ (quanto di italiano

è incluso nelle merci utilizzate dai

consumatori sulmercatomondiale), si

verificanomeglio gli elementi che ren-

dono competitivo un Paese. Francia,

Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania

(e inparte Italia) riescono a connettersi

meglio con la domanda estera attra-

verso lo sviluppo di servizi finanziari

e di business. Considerando i primi

30 esportatori del comparto manifat-

turiero, l’Italia si conferma dotata di un

sensibile vantaggio competitivo. Un

vantaggio che potrebbe essere eroso

a beneficio di altri che mostrano un

tipo di scambi commerciali a più alto

valore aggiunto.

La quantità di richieste di registrazione

di marchi di fabbrica dirette a uffici

stranieri e provenienti da un determi-

nato Paese è una buona indicazione di

quanto le imprese di quel Paese siano

in grado di entrare nei mercati esteri.

Da questo punto di vista, l’Italia si

colloca bene soprattutto per quanto ri-

guarda il mercato europeo, grazie a un

numero di richieste indirizzate all’Eu-

ropean Office for the Harmonization

in the Internal Market, secondo solo a

Germania e Gran Bretagna, e di poco

inferiore alla Spagna. La capacità dei

marchi italiani di puntare al mercato

giapponese è interessante: le richie-

ste presentate al Japan Patent Office

(JPO) competono, come quantità, con

quelle di Germania, Inghilterra e Fran-

cia. Dal punto di vista merceologico,

circa il 50% dei brevetti italiani ricade

nella categoria dei manufatti di livello

tecnologico alto o medio-alto, mentre

poco meno del 25% è compreso nei

manufatti di basso livello tecnologico.

Per quanto riguarda il fattore umano

per l’innovazione, importante è il li-

vello di formazione tecnico scientifica

degli occupati di un Paese. A questo

proposito l’Ocse ha messo a punto un

indicatore sperimentale per misurare

il grado di capitale basato sulla cono-

scenza in relazione alla formazione e ai

compiti dei lavoratori impiegati nelle

aziende dei diversi Paesi, mettendo

insieme ricercatori, addetti al design

del prodotto, informatici e altre figure

qualificate che possono fare la diffe-

renza in un’azienda.

Fra i Paesi Ocse si va da un minimo

del 13% (Turchia) a un massimo del

28% (Usa) di percentuale di capitale

ad alto valore aggiunto di conoscen-

za sul totale degli occupati. L’Italia si

pone parecchio in basso nella scala

dei Paesi.

Il ruolo del credito allo sviluppo

Una delle conseguenze della crisi fi-

nanziaria è la maggior difficoltà, per

le giovani start up, di ottenere credito

dalle banche,mentre i ‘venture capital’

hanno iniziato a evitare operazioni

economicamente rischiose e preferi-

scono puntare su investimenti di mag-

giore entità, considerati più stabili. Il

calo di accesso ai prestiti è significati-

vo: negli ultimi quattro anni, solo Cina

e Indocina sonomigliorate per quanto

riguardaquesto indicatore. Purtroppo,

l’Italia occupa la terzultima posizione

in questa classifica, davanti soltanto

a Irlanda e Grecia, dimostrandosi un

Paese che non incoraggia l’avvio di

nuove attività.