INCHIESTA
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progettare 387
•
MARZO
2015
delle imprese italiane, superiore a
15,9 miliardi di euro, ben 7,8 miliardi
di euro sono a carico delle PMI. Ele-
mento significativo, se paragonato
con quello della Germania, dove le
PMI hanno investito in innovazione
9,3 miliardi di euro su un totale di 70
miliardi di euro. In termini d’incidenza
delle imprese innovative nel sistema
produttivo nazionale, l’Italia si posizio-
na nella fascia alta rispetto alla media
dell’Unione Europea: innova il 56,3%
delle imprese italiane, contro quella
dell’UE-27, pari al 52,9%. Peculiarità i-
taliana è che l’innovazione tecnologica
viene raggiunta non solo e non tanto
attraverso investimenti nella ricerca
e sviluppo, in cui siamo carenti, ma
anche e soprattutto acquisendo know-
how e apparecchiature innovative ed
esprimendo creatività e capacità in-
ventiva. Un’innovazione trasversale e
integrata che include sia i prodotti, sia
i processi, ma anche l’organizzazione
interna, l’approccio al mercato.
Le PMI trainanti sono quelle di dimen-
sioni maggiori e, per quanto riguarda
il settore di attività, sonoquelle a voca-
zionemanifatturiera. Inparticolare, nel
triennio 2010-13 hanno introdotto in-
novazioni le aziende della meccanica,
dell’elettronica e dell’automotive (57%
dei casi), e dell’alimentare (56,7%).
L’importanza delle reti
Un interessante raffronto tra innova-
zione tecnologica e sviluppo proviene
dalla suddivisione delle PMI italiane
in tre fasce: ad alta innovazione (16%
circa), amedia innovazione (52%circa)
e a bassa innovazione (31%). Le PMI
più innovative hanno registrato una
crescita maggiore rispetto alle altre,
con incrementi del fatturato nel trien-
nio 2010-13 per il 29% dei casi, al 15%
per le aziende a media innovazione e
al 5% per quelle a bassa innovazione.
Analoga situazione si riscontra se si
considera il fattore occupazione.
Le aziende innovative operano in
genere in sinergia con altre azien-
de facendo parte di reti d’impresa,
fenomeno questo che mostra come
l’innovazione non riguardi solo l’a-
spetto tecnologico in senso stretto
ma l’intero complesso organizzativo
d’impresa. Le imprese facenti parte di
reti rappresentano il 15,3% tra quelle a
elevato contenuto innovativo, contro
il 7,4% e il 6,2% tra quelle, rispettiva-
mente, a media e bassa innovazione.
Le PMI più innovative sono anche
quelle che riportano progressi quali
l’aumento della capacità produttiva
e un migliore utilizzo delle risorse
umane. A fronte d’inferiori livelli d’in-
novazione, le imprese si orientano su
fattori a ‘basso profilo’, quali il con-
tenimento dei costi, l’adeguamento
agli standard qualitativi internazionali
e le possibilità di accesso ai mercati.
L’investimento in risorse umane non
ha una adeguata attenzione, l’80%
circa di imprese assume al massimo
il 9% di personale ‘high-skill’ sul to-
tale, mentre in Germania raggiunge
il 67% delle imprese e in Spagna, il
46% dei casi.
Marchi e brevetti
Competere vuole dire anche saper
proteggere i prodotti dell’ingegno con
brevetti e marchi di fabbrica. Nell’uso
del numero dei marchi di fabbrica
come indicatore del livello d’innova-
zione di un Paese, l’Italia mostra di
avere una maggiore propensione per
la protezione dei marchi di fabbrica
rispetto ai brevetti, come rivela il nu-
mero medio pro capite di questo tipo
di strumenti; un dato che colloca il
nostro Paese ultimo fra i primi, cioè
il gruppo comprendente diversi pae-
si dell’Europa centro-settentrionale,
Stati Uniti, Canada, Giappone, Co-
rea e Australia. Pesa altresì l’assenza
dell’Italia dalla classifica delle prime
venti regioni per numero di brevetti
nei campi dell’information techno-
logy, della biotecnologia e della na-
notecnologia, dove invece svettano
Giappone e Stati Uniti. Se si rapporta
il numero di brevetti frutto di collabo-
razioni internazionali (co-invenzioni)
e quante ricerche scientifiche siano
firmate anche da autori di enti stra-
nieri (co-autorship), si riscontra che in
Italia la collaborazione internazionale
è decisamente maggiore nella ricerca
(co-autorship) che nelle applicazioni
(co-invention). In realtà, con la sola
eccezione di India e Polonia, tutti i
Paesi presi in esame dall’Ocse so-
no più inclini alle cooperazioni nella
scrittura di articoli scientifici che nella
produzione d’invenzioni brevettate.