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marzo 2016

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accettato. Ma occorreva anche il sostegno

delle banche che alla fine non lo hanno

concesso. Dopo circa sei mesi di speran-

za, dove a noi sembrava che tutto stesse

andando per il meglio, arriva la botta: la

trattativa scivola in un concordato pre-

ventivo in liquidazione che significava lo

smembramento dello stabilimento perché

il nuovo piano prevedeva la cessione per

cespiti”.

In quel momento quale era il vostro stato

d’animo? Anche in considerazione che vi

era anche un territorio, e un indotto signi-

ficativo, collegato all’azienda.

“Quando è arrivata la notizia che l’azien-

da sarebbe andata in liquidazione, che

questo ipotizzato pericolo era diventato

una certezza, che l’azienda sarebbe stata

smembrata e venduta a pezzi ci sono stati

momenti di sconforto, momenti di dispe-

razione vissuti da molti di noi. Abbiamo

affrontato giorni difficili”.

Come è stata la scintilla che ha ridato un

barlume di speranza a momenti di dispe-

razione e di mancanza di speranza?

“Dal momento della protesta, anche rab-

biosa da parte dei dipendenti, con l’ac-

compagnamento dei sindacati siamo riu-

sciti ad avere un incontro in Prefettura col

commissario liquidatore. Il primo risultato

ottenuto, e che in parte ci ha tranquilliz-

zato, è che in quella sede il commissario

liquidatore ha promesso che per un anno

non avrebbe fatto una vendita a pezzi,

ossia a cespiti, ma avrebbe accettato solo

proposte di cessione complessiva dello sta-

bilimento. Questo è stato un primo punto

che ha permesso che almeno per un anno

noi potessimo pensare a trovare una solu-

zione. E li abbiamo cominciato a pensare

che la soluzione poteva venire da noi stes-

si, potevamo proporla noi”.

Da li avete iniziato a maturare la possibi-

lità di rilevare lo stabilimento. A questo

punto come vi sietemossi?

“Certamente a quel punto abbiamo inizia-

to a pensare che potevamo essere noi stes-

si a risolvere l’impasse. Abbiamo iniziato a

pensare che potevamo dare corpo a una

cooperativa. Eravamo completamente a

digiuno di ogni normativa e la LegaCoop

ci ha spiegato come si poteva dare vita a

eirs is a story of hope. It is the story

of 51 employees of the multinational

steel cable manufacturer Italcables of

Caviano, in the province of Naples,

who, desperate in the face of the

imminent closure of the plant, did not

lose heart and, a er a series of economic

and legal troubles, decided to reopen

it with their own savings. From the

ashes of failure arose a cooperative,

WBO Italcables, where WBO stands

for ‘workers buyout . It is a beautiful

story of the Bel Paese, a story of those

who still believe in it. A story that

began in January of 2013, when the

orders were diverted elsewhere and

production was suspended. At this

point the owners proposed a business

continuity plan which the majority of

creditors accepted, but not the banks.

From there began months of brillation

and uncertainty, until the workers

decided to constitute a cooperative:

as working partners, the employees

contributed their own money, in

accordance with the Marcora Law,

while CFI (Cooperation Finance

Company) and Coopfond signed on as

nance partners and Banca Etica acted

as the bank, i.e. opening a line of credit.

We spoke with one of the key players:

Ma hew Potenzieri, engineer and

deputy director of the Caviano factory,

now president of the cooperative that

runs it. “We feel the responsibility of

the commitment that we ve made, and

a bit of the weight of the situation. It s

not easy, as there are still many steps to

take before we can heave a sigh of relief

and know we ve go en past this very

di cult initial phase. We re doing our

best. We hope the sigh of relief will come

by the end of next year”.

A factory closes

and the employees buy it

di Caivano, anche qui c’è stata una ristrut-

turazione dolorosa e una riorganizzazione

del lavoro, ma la proprietà aveva puntato

su questo stabilimento perché era il più

grande, era già attrezzato per l’espor-

tazione e aveva la gamma prodotti più

variegata. Fino al 2011 sono stati anche

confermati alcuni investimenti in corso.

Di ristrutturazione in ristrutturazione si

è cercato di far fronte alla crisi. Nel 2011

inizia la stretta finanziaria nei confronti

dell’azienda sia da parte delle banche, col

restringimento dei fidi, sia da parte dei

fornitori, in particolar modo della materia

prima. A gennaio del 2013 si è arrivati al

blocco completo delle forniture e alla so-

spensione della produzione. E li è iniziata

un po’ la nostra storia”.

Ecco, siamo alla fase della chiusura dello

stabilimento. Che succede a questo pun-

to?

“A questo punto la proprietà ha tentato

un piano di concordato preventivo in con-

tinuità che la gran parte dei creditori ha

Matteo Potenzieri, ingegnere e vicedirettore

della fabbrica di Caivano, è anche il presidente

della cooperativa che lo gestisce.