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rmo

aprile 2018

Il nuovo stabilimento Lamborghini, di Sant’Agata Bolognese, dove si produce il suv Urus, è un

interessante esempio di applicazione dei principi dell’industria 4.0. Non c’è più una catena di

montaggio a dettare tempi, spostamenti, interazioni tra uomini e robot: tutto è gestito da un

sistema informatizzato

di Fabrizio Patti

I

l colpo d’occhio farebbe emozionare chiunque,

anche i Millennial che all’auto danno sempre

meno importanza: una accanto all’altra, disposte

sotto file di pannelli solari, saranno parcheggiate

cento Lamborghini nuove di zecca. Sono gialle

(come il colore simbolo della società), verdi, aran-

cioni, blu cangiante. Sono talmente inarrivabili che

le reazioni che suscitano sono quelle di chi visita

una galleria d’arte, forse anche di più. “Questa è

pornografia”, ha detto con enfasi ad esempio uno

dei video-blogger che negli scorsi mesi è passato

in visita da queste parti. Siamo a Sant’Agata Bolo-

gnese (Bologna), all’interno degli stabilimenti della

Lamborghini.

Da un lato si trova la fabbrica dove tutto iniziò,

nel 1963, grazie all’intuizione e all’operosità di

Ferruccio Lamborghini, che fino ad allora si era

occupato di trattori. Nel sito produttivo storico si

assemblano attualmente i modelli Huracàn (erede

della Gallardo) e Aventador, quest’ultima la punta

di diamante della società: un migliaio di esemplari

prodotti all’anno, 740 cavalli, 350 chilometri orari,

Esplorando

la fabbrica

del

futuro

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