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rmo
luglio/agosto 2015
Strategie
teressante: le richieste presentate al Japan Patent
Office (JPO) competono, come quantità, con quelle
di Germania, Inghilterra e Francia. Dal punto di vista
merceologico, circa il 50% dei brevetti italiani ricade
nella categoria dei manufatti di livello tecnologico
alto o medio-alto, mentre poco meno del 25% è
compreso nei manufatti di basso livello tecnologico.
Per quanto riguarda il fattore umano per l’inno-
vazione, importante è il livello di formazione tec-
nico scientifica degli occupati di un Paese. A questo
proposito l’Ocse ha messo a punto un indicatore
sperimentale per misurare il grado di capitale ba-
sato sulla conoscenza in relazione alla formazione
e ai compiti dei lavoratori impiegati nelle aziende
dei diversi Paesi, mettendo insieme ricercatori,
addetti al design del prodotto, informatici e altre
figure qualificate che possono fare la differenza
in un’azienda. Fra i Paesi Ocse si va da un minimo
del 13% (Turchia) a un massimo del 28% (Usa) di
percentuale di capitale ad alto valore aggiunto di
conoscenza sul totale degli occupati. L’Italia si pone
parecchio in basso nella scala dei Paesi.
Il ruolo del credito allo sviluppo.
Una delle con-
seguenze della crisi finanziaria è la maggior diffi-
coltà, per le giovani start-up, di ottenere credito
dalle banche, mentre i ‘venture capital’ hanno
iniziato a evitare operazioni economicamente ri-
schiose e preferiscono puntare su investimenti di
maggiore entità, considerati più stabili.
Il calo di accesso ai prestiti è significativo: negli
ultimi quattro anni, solo Cina e Indocina sono mi-
gliorate per quanto riguarda questo indicatore.
Purtroppo, l’Italia occupa la terzultima posizione
in questa classifica, davanti soltanto a Irlanda e
Grecia, dimostrandosi un Paese che non incoraggia
l’avvio di nuove attività.
meno del 40% degli articoli pubblicati da istituzioni
di ricerca italiane coinvolgono ricercatori con sede
all’estero, a fronte del 50% dei Paesi del nord Eu-
ropa, del 60% della Svizzera e del 70% dell’Islanda.
Cifre non esaltanti ma comunque migliori di quelle
di Stati Uniti e Corea (poco meno del 25%), e Cina
(poco più del 15%).
Manifatturiero ed esportazioni.
L’Italia resta co-
munque il secondo Paese in area Ocse per espor-
tazioni nel manifatturiero, e la settima economia
quanto a esportazioni totali. Tuttavia se conside-
riamo il ‘commercio di valore aggiunto’ (quanto di
italiano è incluso nelle merci utilizzate dai consu-
matori sul mercato mondiale), si verificano meglio
gli elementi che rendono competitivo un Paese.
Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania (e
in parte Italia) riescono a connettersi meglio con
la domanda estera attraverso lo sviluppo di servizi
finanziari e di business. Considerando i primi 30
esportatori del comparto manifatturiero, l’Italia si
conferma dotata di un sensibile vantaggio compe-
titivo. Un vantaggio che potrebbe essere eroso a
beneficio di altri che mostrano un tipo di scambi
commerciali a più alto valore aggiunto.
La quantità di richieste di registrazione di marchi
di fabbrica dirette a uffici stranieri e provenienti da
un determinato Paese è una buona indicazione di
quanto le imprese di quel Paese siano in grado di
entrare nei mercati esteri.
Da questo punto di vista, l’Italia si colloca bene so-
prattutto per quanto riguarda il mercato europeo,
grazie a un numero di richieste indirizzate all’Euro-
pean Office for the Harmonization in the Internal
Market, secondo solo a Germania e Gran Bretagna,
e di poco inferiore alla Spagna. La capacità dei mar-
chi italiani di puntare al mercato giapponese è in-
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