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zione e dell’export dipendono dall’industria. Così
come 37 milioni di posti, e circa la metà dell’oc-
cupazione nei servizi. Senza radici profonde nel
manifatturiero, anche l’economia dei servizi si
inaridisce. L’industria manifatturiera, dunque,
si pone al centro di questa nuova visione che
mette in primo piano una produzione moderna,
composta da tecnologie all’avanguardia che non
inquinano, in un’ottica di crescita sempre più so-
stenibile”.
Per la prima volta, oltre all’agricoltura, anche
l’industria ha un bilancio: quasi 1/6 delle risorse
comunitarie sono destinate all’innovazione e
alla competitività industriale. Oltre 100 miliardi
dai fondi regionali, 40 miliardi dal nuovo pro-
gramma per la ricerca e l’innovazione (Orizzonte
2020); 2,3 miliardi da Cosme, il tutto per favorire
l’accesso al credito delle PMI. Questo significa
rmo
maggio 2014
dare maggiore valore all’industria manifatturiera,
mettendo al centro dell’agenda politica le PMI. Un
passo importante, anche perché solo alcuni anni
fa si pensava a una Europa focalizzata su servizi e
finanza, in una sorta di fase post-industriale.
Se qualcosa di positivo ha portato questa crisi è
dunque la consapevolezza dei danni legati a una
finanza senza regole, ma soprattutto la necessità
di un’economia fondata sull’industria.
Arrivano i finanziamenti.
La strategia messa a
punto dalla Commissione Europea ‘Per un rinasci-
mento industriale europeo’ parte da innovazione
e formazione “anima e cuore della nuova rivolu-
zione industriale”.
“Ora dobbiamo agire - afferma Tajani -: la crisi,
con l’eccesso di austerità, ha penalizzato investi-
menti e domanda interna, indebolendo la nostra
Un Paese più smart
Durante il suo intervento al convegno Federica Guidi,
ministro per lo Sviluppo Economico, ha ribadito il fatto che
l’Italia già da diversi anni ha serie difficoltà a usufruire dei
fondi europei. “Mi chiedo come mai l’Italia, pur essendo il
Paese dei progettisti per eccellenza, pur rappresentando il
meglio della progettazione in ogni comparto, spesso non
sia riuscita a utilizzare i fondi europei. Il problema è spesso
l’incapacità a superare le difficoltà burocratiche. Parliamo
per esempio delle grandi opere, che attraversano più regioni.
La sovrapposizione di burocrazia ha certamente rallentato.
Nella vecchia programmazione 2007-2012 dobbiamo
ancora spendere 21milardi entro il 2015”. La burocrazia in
primis, ma anche le molte difficoltà che dipendono dal patto
di stabilità interno. E aggiunge: “Certo le norme europee
sono stringenti, eppure credo sia possibile trovarsi nei
tavoli giusti al momento giusto per fare le regole del gioco
e non subirle. Accolgo con grande interesse il fatto l’UE
abbia voluto creare tavolo di dialogo tra politica locale e
imprenditoria locale nazionale e internazionale. Apprezzo
molto il lavoro svolto dal vicepresidente Tajani che ha portato avanti un percorso
molto positivo per la nostra industria”. E prosegue: “Nel nostro Paese l’Irap e la
tassazione sul costo del lavoro sono battaglie difficili come quelle relative al patto
di stabilità. Gli interventi per l’energia sono ancora limitati mentre l’Europa del
nord ha iniziato a fare. Sono necessari mutui e finanziamenti per l’efficientamento
energetico. Si parla di smart city, che richiedono software e hardware, ma anche e
soprattutto di ‘smart people’, persone che utilizzano al meglio i fondi a disposizione.
Gli imprenditori devono fare la loro parte”. Ma è necessario e urgente - aggiungiamo
- un piano industriale nel nostro Paese.