12
marzo 2017
“Labanca
tornimotore
di sviluppo”
L’economia italianaviveunmomentodi forti trasformazioni.Tra i protagonisti di questoscenario
vi sonoanchegli istituti di credito.ConFedericoGhizzoni, per sei anni amministratoredelegatodi
Unicredit, abbiamoanalizzatoquesta faseecercatodi capirecomequel sistemaeconomicovirtuoso tra
banchee imprese, tracreditoe territorio, inquestopercorsopossa rimanere inalterato
diLucaRossi
sciuto riferimento lo sviluppo economi-
co del Paese?
“A causa della crisi del 2008 il settore
bancario ha oggi un grande problema
di reputazione cui si pone rimedio ap-
plicando innanzitutto all’interno della
banca dei principi etici, chiari e condivi-
si e poi cercando di recuperare il ruolo
stesso della banca che per decenni, per
secoli, è stata considerata un po’ il mo-
tore dello sviluppo economico. Fin dal
primo giorno in cui, sei anni fa, sono
entrato come amministratore delegato
in Unicredit sono stato convinto che la
banca dovesse tornare a fare il lavoro di
banca commerciale: raccogliere e gesti-
re i risparmi familiari e, reimpiegando-
li in maniera positiva, contribuire alla
crescita delle famiglie ma anche delle
nostre imprese. Oggi le famiglie hanno
grande incertezza davanti a sé, di un
mondo che non si comprende. Pertanto
si ha ancora di più un ruolo sociale, per
consigliare le famiglie come pianificare
L’
ultimo decennio ha segnato
un profondo cambiamen-
to negli scenari economici e
nelle dinamiche che regolano il rappor-
to tra i protagonisti: banche, imprese
ma anche famiglie. Gli istituti di credito
stanno vivendo un passaggio cruciale
per il loro futuro: accorpamenti e fusio-
ni, necessità talvolta di ricapitalizzazio-
ni, implementazione delle tecnologie
digitali. Il rischio è che quel volano vir-
tuoso che ha dato impulso all’economia
italiana, fatto di attenzione al territorio
e alle sue imprese, perda di incisività. Ne
abbiamo parlato con Federico Ghizzoni,
per sei anni amministratore delegato di
Unicredit, uno dei simboli nel mondo del
capitalismo italiano.
Dottor Ghizzoni, dopo la crisi del 2008
il settore bancario sta vivendo una
profonda trasformazione. Partiamo da
quella reputazionale. La banca rappre-
senta ancora un elemento di ricono-
la propria disponibilità finanziaria nei
prossimi anni. Per la stessa ragione si ha
l’obbligo di ascoltare le imprese, seguir-
le e dare loro credito, il che non signi-
fica credito facile ma cercare soluzioni
laddove siano possibili per consentire
alle imprese di pianificare e investire. È
il fare bene banca che qualifica la ban-
ca, e ciò significa essere nel tessuto so-
ciale, essere presenti e visibili, essere un
punto di riferimento. Questo va recupe-
rato, perché per alcuni anni si è un po’
perso. Ci si è distanziati dai cosiddetti
territori e lì bisogna tornare. Ovvio che
in questo servono rigidi principi di go-
vernance, in quanto non bisogna torna-
re al territorio per servirlo costi quel che
costi, creando poi problemi di sofferen-
za come se ne è visti negli ultimi anni”.
Nella trasformazione in atto nelle ban-
che ci sono due temi: le aggregazioni,
con le conseguenti ottimizzazioni di
sportelli, e la digitalizzazione dei ser-