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giugno 2016

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vatizzazione di tutto ciò che non riguarda

attività produttive, ci sono ad esempio edi-

fici che possono essere privatizzati: io non

credo che sia questa la soluzione unica e ul-

tima per ridurre il debito pubblico, perché

pur con tutta la buona volontà non penso

si possano avere entrate da privatizzazioni

che nel giro di dieci anni possano essere

superiori, o anche senza sforzarci tanto,

del 10-15%quando abbiamo il debito pub-

blico che è il 193% del PIL, però è qualcosa

che può contribuire”.

Guardando all’Europa, molti Paesi, tra cui

l’Italia, criticano la politica anche economi-

ca dell’Unione Europea, e nel dibattito tra

flessibilità o austerità vi sono anche pul-

sioni per il ritorno alle monete nazionali.

Come giudica questo stato di cose?

“Un capitolo del libro discute proprio del-

la questione euro, se sarebbe conveniente

per l’Italia uscire dall’euro, da un lato per

liberarsi delle regole fiscali e dall’altro

perché con una moneta unica potremmo

finanziare il deficit, e così via. Per quanto

mi riguarda, io credo che sia una cattiva

idea: sono cose che è importante discute-

re, senza rigettarle a priori, ma io credo

sia una cattiva idea. Quello che pone un

vincolo alla finanza pubblica italiana non

sono le regole europee, è il fatto che ab-

biamo un debito tra i più alti al mondo,

quindi anche senza regole dovremmo

darcele noi le regole, e in effetti abbiamo

messo il pareggio di bilancio in Costituzio-

ne. Per quanto riguarda l’uso, se avessimo

una moneta e una Banca Centrale che può

stampare moneta per finanziare il deficit

pubblico negli anni 70 si faceva proprio

quello e c’era un’inflazione al 25%, e non

è che piacesse molto”.

Cosa pensa dell’azione che la Banca Cen-

trale Europea sta facendo in questo mo-

mento?

“La Banca centrale Europea ha il compi-

to di mantenere l’inflazione vicina o al di

sotto del 2%, e dato che l’inflazione al mo-

mento sta molto al di sotto del 2%, quello

che la Banca Centrale Europea sta facendo

è ciò che è previsto dal suo Statuto, nel suo

mandato, ovvero fare politiche monetarie

espansive, fino a che l’inflazione non vie-

ne riportata a livelli più alti. Fa quindi il suo

dovere”.

Negli ultimi decenni l’economia mondia-

le è cresciuta con un tasso medio del 3%.

Ora si parla di una previsione che va dal 3

al 3,5%ma viene giudicata poco soddisfa-

cente. Sembrerebbe però una contraddi-

zione. Cosa ne pensa?

“In effetti secondo me non bisogna di per

sé lamentarsi del tasso di crescita modesto,

quello di cui ci si lamenta è il fatto che que-

sto tasso di crescita che è direi abbastanza

normale e non modesto, è ottenuto nono-

stante politiche monetarie estremamente

espansive in presenza di una caduta dei

prezzi delle materie prime che dovrebbe

favorire la crescita, e nonostante due enor-

mi economie, come l’India e la Cina, stiano

crescendo a tassi elevati intorno al 6-7%. In

realtà, quindi, ciò di cui ci si lamenta non è

la crescita del mondo che non è modesta,

ma normale, ma il fatto che la crescita nei

Paesi avanzati sia piuttosto bassa malgrado

ci siano condizioni molto favorevoli, in ter-

mini di politica monetaria e di prezzi delle

materie prime. Il problema non è quindi

globale di per sé, ma riguarda fondamen-

talmente la bassa crescita nei Paesi avanza-

ti, che riflette problemi di offerta ma anche

di mancanza di domanda, che è legata in

buona parte anche a questi fenomeni di re-

distribuzione del reddito che sono in corso

negli ultimi 30 anni in questi Paesi: cioè il

reddito si sposta sempre più verso i più ric-

chi, e sparisce la classe media, che è quella

che sostiene i consumi”.

Come si potrebbe agire sulla politica fisca-

le per stimolare l’innovazione, la ricerca,

che è ciò che dovrebbe distinguere i cosid-

detti Paesi avanzati?

“Credo vi siano alcune cose, come la spesa

per R&D, che potrebbe aiutare. Ci sono diver-

si studi che mostrano l’efficacia di sussidi an-

che in termini di detassazione delle spese per

la ricerca e sviluppo, che funzionano dunque,

per cui un’azione per favorirla in questo sen-

sopotrebbe essere senz’altroutile”.

Dottor Cottarelli, nel suo libro lei si definisce

‘unuomo fuorimoda’. Qual è la ragione?

“Io dico che il libro è ‘fuori moda’. E chi

scrive un libro fuori moda è di conseguen-

za probabilmente anche lui un po’ fuori

moda. Diciamo che se qualcuno segue la

corrente non è fuori moda. Siccome io non

seguo la corrente, mi sento un po’ fuori

moda, in quanto dico cose che gli altri non

dicono”.

@lurossi_71