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marzo 2016

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anche l’alimentare, esiste una possibilità di

fare molto di più nell’ospitalità. Così l’au-

tomotive. Non a caso i piani di sviluppo di

FCA sono quelli di riposizionare i marchi

nell’alta gamma. Questa è l’economia del-

la bellezza”.

Presidente, da ciò che descrive Illycaffè è

un’azienda fortemente attenta alla sua

componente etica…

“La nostra è una ‘stakeholder company’,

dove gli stakeholder sono i portatori di

interessi, e si differenzia come modello di

impresa dalla ‘shareholder company’, do-

ve gli shareholder invece sono gli azionisti.

Questo secondo è il modello di azienda

tipicamente americana, votata al profitto

e che è quotata in Borsa, e dove in testa

alla lista degli stakeholder ci sono gli sha-

reholder, ossia gli azionisti, e poi vengono

i clienti. Mentre invece nel modello della

‘stakeholder company’ ci si focalizza su

tutti gli stakeholder che sono, in ordine,

sei: consumatori, clienti, collaboratori,

fornitori, comunità e azionisti. Secondo

questa gerarchia noi perseguiamo la so-

stenibilità economica, sociale e ambienta-

le. Quella economica attraverso il principio

del valore condiviso: l’impresa deve gene-

rare valore ed il valore deve essere equa-

mente e proporzionalmente ripartito tra

tutti gli stakeholder. Sulla sostenibilità so-

ciale: quando si arriva alla propria autore-

alizzazione occorre aiutare le persone ad

autorealizzarsi. E questo, oltre che attra-

verso la condivisione dei valori anche con

la crescita della loro conoscenza: in questo

senso abbiamo dato vita all’Università del

caffè. Sul discorso della sostenibilità am-

bientale il principio altrettanto semplice

è quello del rispetto: non inquinare, non

sprecare e utilizzare ovunque possibile ri-

sorse che siano rinnovabili”.

Nel 2011 siete stati la prima azien-

da al mondo ad aver ottenuto la cer-

tificazione ‘Responsible supply chain

process’ che attesta la sostenibilità di

tutta la vostra catena produttiva. Co-

me salvaguardate la filiera e come

definite gli standard di produzione?

“Tutta la filiera, a partire dalla pianta

fino ad arrivare alla tazzina, è certifi-

cata da un protocollo di certificazione

totalmente innovativo che si chiama

‘Responsible supply chain’. Con questa

certificazione, che è totalmente facol-

tativa, ogni anno andiamo a fare un re-

porting sui miglioramenti fatti e su quali

siano le sfide per il prossimo anno. E non

è un caso se tutto questo si è tradotto

nel riconoscimento di essere la più soste-

nibile delle aziende del caffè al mondo

e di essere riconosciuta ogni anno come

una delle ‘most ethical company in the

world’ dall’Ethisphere Institute”.

Un’azienda come la vostra non ha mai

pensato a un ingresso in Borsa?

“Noi abbiamo la nostra strategia e la no-

stra missione. L’idea del miglior caffè al

mondo non può che tradursi in un unico

caffè ma deve essere declinato, a livello

globale, in tutte le occasioni di consumo

possibili. Quindi abbiamo soluzioni per

quante più occasioni di consumo possi-

bili: questa è la nostra strategia attuale

ed è autofinanziata. Noi abbiamo nume-

ri di debito rispetto al patrimonio netto

e di debito rispetto all’Ebitda tali da non

necessitare un ricorso all’apertura del ca-

pitale. Abbiamo appena fatto nel 2015

uno dei più importanti audit strategici

mai fatti nella storia aziendale dal quale è

emerso che l’azienda ha un potenziale di

crescita abbondante attraverso la cresci-

ta organica e autofinanziata. Il giorno in

cui lo sviluppo globale di Illicaffè dovesse

La Scuola del saper fare italiano

L’Italia detiene una quota complessiva di circa il 10% dell’industria culturale e creativa nel mondo,

settore che nel Paese occupa direttamente e indirettamente circa 500.000 addetti e contribuisce

a circa il 4% del PIL, con un forte potenziale di crescita nel giro di pochi anni. In questo contesto

Fondazione Altagamma ha promosso il progetto di una ‘Scuola politecnica del sapere fare italiano’.

Il programma della Scuola è composto da uno o più progetti pilota, da un piano strategico, da

iniziative di diffusione. La Scuola politecnica di eccellenza troverebbe un contenitore formale in

un Polo tecnologico formativo composto da un ITS di nuova concezione, da un istituto tecnico e

un istituto professionale di eccellenza. Il Polo sarà fisicamente collocato in un ‘opificio’, ossia in un

edificio di pregio visitabile nell’area dell’Expo, una sede transitoria verrà trovata in un qualificato

edificio a Milano. I partner della Fondazione della Scuola politecnica promuoveranno in modo

collaborativo un piano di azioni per valorizzare e diffondere le lezioni apprese dai progetti e dalle

esperienze di progetti pilota, far conoscere e promuovere l’istruzione e la formazione tecnica

presso le istituzioni, le imprese, le famiglie e i giovani, per favorire l‘innalzamento e la diffusione

dell’istruzione tecnica per avvicinarla a quella di Paesi europei come la Germania e la Francia, per

individuare le necessarie semplificazioni normative e infine per contribuire nel reperimento delle

risorse intellettuali e finanziarie per l’istruzione e formazione tecnica.