giugno 2015
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I cosiddetti Paesi emergenti ormai so-
no delle realtà e sulla scena mondiale
si sono da tempo affacciate aree geo-
grafiche diverse. Ci fa un quadro?
“Il Brasile ha frenato al sua crescita,
dovuto alla poca lungimiranza di una
classe dirigente che non favorisce l’in-
traprendere. La Cina ha avuto un gran-
dissimo sviluppo e ora fa i conti con
una crescita sempre più contenuta,
con una strategia politica che la vede
ora passare dall’essere la fabbrica del
mondo al concentrarsi sul generare
consumi interni. L’India, insieme alla
Cina, continua a crescere a ritmi del
7%. Oggi sulla scena stanno imponen-
dosi anche i Paesi africani della fascia
subequatoriale. Il Medio Oriente fa
i conti con i problemi derivanti dal
petrolio. Le sanzioni che l’Europa ha
comminato alla Russia non sono state
una buona idea, ma al di là di questo il
mercato russo ha un’influenza relativa
per noi. Ce l’ha soprattutto nei riguar-
di della Germania. Certamente sono
nazioni che non investono più come
prima, e questo su qualche comparto
ha generato degli effetti negativi ad
esempio nell’agricoltura, nel fashion,
nell’immobiliare”.
A proposito di internazionalità e aper-
tura al mondo: il mese scorso si è
aperto Expo. Pensa possa essere una
buona occasione per il nostro Paese?
“Per l’evento mondiale sono previsti
venti milioni di visitatori. Per l’Italia sarà
un banco di prova per la sua capacità or-
ganizzativa nell’accoglienza e per quel-
la infrastrutturale.
Ma è una sfida affascinante che non pos-
siamo lasciarci scappare, l’Italia in fondo
è un Museo ineguagliabile al mondo.
Expo è un’opportunità unica per l’intero
Sistema Paese”.
@lurossi_71
e alla conseguente nascita di un’impresa da
quella. Ma nella ricerca abbiamo investito poco.
Eravamo eccellenti nella chimica e l’abbiamo
persa, nell’elettronica con l’Olivetti e l’abbiamo
persa. Poi ci siamo rivolti a cercare di contenere
l’eccesso di domanda che veniva dalla base
e abbiamo trascurato il resto. L’Italia resta un
Paese dalle innumerevoli eccellenze e su queste
dobbiamo costruire il nostro futuro in un mondo
globalizzato che ha dei costi di produzione
notevolmente inferiori ai nostri. Dobbiamo, inoltre,
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senza impresa non ci può essere opportunità di
lavoro. Nel passato il rapporto tra imprenditore
e dipendente è stato spesso caratterizzato da
una contrapposizione continua che talvolta ha
demotivato l’intrapresa. Questa equazione prima o
poi si doveva rompere: non si può accanirsi contro
chi rischia quotidianamente nel creare lavoro.
Adesso bisogna ricreare, insieme, quelle condizioni
necessarie per tornare a crescere. Guardi, c’è
molta volontà di intraprendere nel nostro Paese,
magari con prodotti e tecnologie innovative, e gli
italiani hanno dimostrato di essere molto bravi.
Molti dei nostri tecnici sono andati all’estero, hanno
fatto progredire delle aziende portando delle idee
innovative. Non disperdiamo questo talento”.