20
giugno 2015
Lei ha parlato di segnali di ripresa
dell’occupazione giovanile. La rifor-
ma del mercato del lavoro ha cercato
di scardinarne dinamiche ancestrali
estremamente rigide: come giudica il
JobsAct approvato dal Governo?
“Positivo, anche se non definitivo. La
positività del JobsAct la individuo nel-
la possibilità che viene offerta al futuro
lavoratore di entrare in contatto con
opportunità di lavoro, e quindi di met-
tersi in gioco per essere convincente
per un’assunzione futura. Il contratto
a tutela crescente va benissimo: qual è
quell’imprenditore che manda via una
persona valida? Non esiste neppure il
problema dell’articolo 18, perché se un
imprenditore ha un valido collabora-
tore farà di tutto per tenerlo accanto
a sè. Il vero problema era l’atteggia-
mento di chi era assunto in un’azienda,
si sentiva assicurato per tutta la vita e
non partecipava alla sua crescita. Ades-
so il paradigma cambia: come l’impren-
ditore rischia nell’impresa anche il lavo-
ratore deve abituarsi a dare il proprio
contributo propositivo. Oggi, con la
concorrenza globale, ognuno deve da-
re il suo contributo”.
Lei ha parlato di giovani talenti che ri-
schiamo di perdere. Ma la formazione
dei giovani e il loro ingresso in azien-
da è uno dei vostri grossi problemi…
“Certamente i giovani che escono dal-
la scuola non sono pienamente for-
mati per entrare operativamente in
azienda e, d’altra parte, per un’azien-
da formare un giovane rappresenta un
costo elevato. Per evitare che molte
imprese guardino ad altri Paesi, dove
non tanto il costo del lavoro ma il co-
sto del sistema è più conveniente, oc-
corre riformare il percorso educativo
in Italia, magari rivedendo le regole
sulla formazione. In particolare, a mio
avviso, andrebbe migliorato quello
strumento molto utile sia alle aziende
sia ai giovani che è lo stage, renden-
dolo più flessibile e magari abolendo
il limite temporale oggi imposto di 12
mesi dalla laurea”.
L’Italia punti sull’innovazione
Nel contesto di mercato ormai globalizzato, secondo Gianfranco Zoppas l’Italia
deve puntare sulle sue eccellenze: la creatività e l’innovazione. Solo così è possibile
ridare slancio alla nostra economia, evitando lo scontro perdente sulla produzione a
contenuto tecnologico coi Paesi con un costo del lavoro decisamente più basso.
Dottor Zoppas, come è cambiata nei decenni la nostra
classe imprenditoriale?
“In Italia abbiamo dovuto fare i conti con condizioni che non ci hanno permesso di
crescere in fretta come altri Paesi. Mentre in altre aree del mondo abbiamo assistito
in passato a un’esplosione economica, l’Italia è stata bloccata nella morsa di una
burocrazia mastodontica, costi e tassazione elevata, una rigidità strutturale del
sistema. Anche se va riconosciuto che ci stiamo muovendo per risolvere questo
problema endemico, oggi conviene ancora produrre fuori dall’Italia. Ci sono ancora
troppi lacci e laccioli che spesso hanno reso, e rendono, quasi impossibile fare
impresa. Le faccio un esempio: per aprire un capannone, in Italia ci impiego anche
anni mentre in Austria in sei giorni di fa tutto. E le parlo di un capannone, che serve
banalmente a ospitare quelle macchine che generano lavoro per i dipendenti.
Bisogna concentrarsi per facilitare quelle opportunità di creare lavoro ma anche
di stimolare interessi da parte degli investitori esteri. Attualmente, invece, per un
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troppo complicato. In questo contesto, l’imprenditore italiano che continua a credere
e investire nel proprio Paese andrebbe supportato e sostenuto per il suo coraggio”.
E cosa serve per ridare slancio al nostro Paese?
“Dobbiamo concentrarci su ciò che sappiamo fare bene: focalizzarci su una
produzione che abbia il valore aggiunto dell’innovazione. Quello che ha reso
grande in passato il nostro Paese è stata l’inventiva, dovuta spesso all’intuizione