41
rmo
novembre/dicembre 2017
2,9% nel Sud) è stata elevata. Terminata nel 2015 la
fase di accelerazione della spesa pubblica legata alla
chiusura della programmazione dei Fondi strutturali
2007-2013, per scongiurare la restituzione delle risorse
comunitarie, nel 2016 c’è stata una severa contrazione
della spesa pubblica in conto capitale. Nell’anno ha
toccato nel Sud il punto più basso della sua serie sto-
rica, appena 13 miliardi, pari allo 0,8% del PIL.
Andamenti delle regioni.
La Campania è la regione
italiana, e non solo meridionale, che ha registrato nel
2016 il più alto indice di sviluppo. La crescita del 2,4%
giunge al termine di un triennio, dal 2014 al 2016,
tutto all’insegna di dati positivi. In Campania un ruolo
in più rispetto al calo di prodotto presunto nel Cen-
tro-Nord (-0,28%).
Aumentano gli investimenti.
Nel 2016 il prodotto
dell’Italia è cresciuto dello 0,9%, dopo essere aumen-
tato dello +0,1% nel 2014 e del +0,8% nel 2015. Il recu-
pero, però, è molto più lento se confrontato con l’Area
dell’Euro, dove la crescita è stata doppia (1,8%) e con
l’intera Unione Europea, dove è stato ancora maggiore
(+1,9%). Si è quindi continuata ad allargare la forbice
di sviluppo con l’Europa: dall’inizio della crisi nel 2008,
il divario cumulato con l’Area dell’Euro è aumentato
di oltre 10 punti percentuali, con l’Unione Europea di
oltre 12 punti. Nel quindicennio 2001 - 2016 la caduta
del PIL cumulato al Sud è stata del -7,2%, a fronte di
una crescita del 23,2% dell’UE a 28. La crescita del
prodotto nel 2016 è stata sostenuta nel Mezzogiorno
dall’aumento sia dei consumi che degli investimenti:
entrambe le voci hanno mostrato, come nel 2015, un
incremento positivo, dopo 7 anni di flessioni conse-
cutive. La crescita degli investimenti nel 2016 (pari al
Cosa propone la Svimez
Secondo Svimez, se la ripresa indica elementi
positivi nell’economia meridionale che ne
mostrano la resilienza alla crisi, un biennio in
cui lo sviluppo delle regioni del Mezzogiorno è
risultato superiore di quello del resto del Paese
non è sicuramente sufficiente a disancorare
il Sud da una spirale in cui si rincorrono bassi
salari, bassa produttività, bassa competitività,
ridotta accumulazione. Se il Mezzogiorno
proseguirà con gli attuali ritmi di crescita,
recupererà i livelli pre crisi nel 2028, 10 anni
dopo il Centro-Nord.
Nella fase più recente il Governo è intervenuto
in maniera più decisa a favore delle imprese
meridionali, mettendo in campo degli strumenti
per agevolare la crescita del Mezzogiorno,
dopo che la lunga fase di crisi tra il 2008 e il
2015 ha ampliato ulteriormente il divario tra le
due macro aree del Paese. A cominciare dal
prolungamento degli esoneri contributivi per le
nuove assunzioni, dal credito d’imposta per gli
investimenti e dai Contratti di Sviluppo gestiti da
Invitalia per conto del Ministero per lo Sviluppo
Economico. Rientrano sempre nell’ambito di
questi strumenti agevolativi il Masterplan e i
Patti per il Sud. Da ultimi, poi, i due Decreti
Mezzogiorno, il secondo in corso di conversione
in Parlamento nel quale sono previste le Zone
Economiche Speciale (ZES) per le sole aree
meridionali. E, infine, la misura prevista dal
primo ‘Decreto Mezzogiorno’, in base alla
quale le Amministrazioni centrali dello Stato
destinano alle Regioni meridionali, a partire dal
2018, una quota della loro spesa ordinaria in
conto capitale proporzionale alla popolazione,
all’incirca pari al 34%. In particolare
quest’ultima norma può consentire di adeguare
e modernizzare l’armatura infrastrutturale
meridionale. Anche il Piano Nazionale Industria
4.0 s’inserisce all’interno delle politiche per
accelerare la crescita del Paese.