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aprile 2016
prodotti siderurgici cinesi: i tubi senza saldatura (undazio
sui tubi saldati provenienti da Cina, Bielorussia e Russia
è già in vigore da tempo), le lamiere da treno e i lami-
nati piatti a caldo. Tra le misure più recenti, c’è anche la
decisione nell’estate scorsa di rendere definitivi i dazi sui
laminati a freddo inox cinesi e taiwanesi.
Export, necessario per la Cina.
Secondo i dati di
Worldsteel Association, lo scorso anno la produzione
mondiale di acciaio è calata del 2,8% anche a causa
delle perdite riscontrate proprio in Cina. Qui, è con-
centrata attualmente quasi la metà della produzione
siderurgica mondiale, e si è fermata lo scorso anno a
803,8 milioni di tonnellate, con un calo del 2,4% ri-
spetto all’anno precedente. E, ovviamente, con un
mercato interno poco ricettivo l’export rappresente-
rebbe al momento l’unica risposta di Pechino alla sua
sovraproduzione. I dati descrivono una prima contra-
zione dell’output siderurgico della Cina negli ultimi
trentacinque anni. Le acciaierie cinesi, nel 2015 hanno
perso quasi 10 miliardi di dollari. Nelle scorse settimane
la China Iron&Steel Association ha reso noti i dati sulla
produzione siderurgica di Pechino nello scorso anno.
Le prime dieci acciaierie cinesi hanno perso output con
l’eccezione di Hebei che ha confermato il suo primo
posto, incrementando la sua produzione del 1,3% con
47,75 milioni di tonnellate. Al secondo posto Baosteel
con 34,94 milioni di tonnellate di produzione, in calo di
2,6%, e a seguire Jiangsu Shagang con 34,21 milioni di
tonnellate di produzione e un calo del 3,2%.
@lurossi_71
zione. Lo Stato più colpito sarebbe la Germania. Dietro
di lei a rischio ci sarebbe subito l’Italia dove si stimano dai
208.100 ai 416.200 i posti di lavoro a rischio. Tra i settori
che ne sarebbero colpiti, o forse quello più a rischio, c’è
quello dell’acciaio. Secondo i dati Eurofer, l’associazione
che raggruppa i produttori siderurgici europei, la Cina ha
una sovracapacità di 400milioni di tonnellate sul mercato
interno. Più del doppio della produzione dell’Unione Eu-
ropea, che si aggira intorno ai 170 milioni di tonnellate e
soprattutto quasi tre volte la domanda totale di acciaio
dell’UE (155 milioni di tonnellate). Secondo i calcoli ef-
fettuati da Eurofer, i volumi di acciaio cinesi che fanno
il loro ingresso sul mercato europeo sono raddoppiati
negli ultimi diciottomesi, decretando un crollo dei prezzi
pari al 40%. Secondo i produttori siderurgici europei la
concessione dello status di mercato per la Cina potrebbe
peggiorare ulteriormente le già difficili condizioni di mer-
cato a causa del dumping cinese in Europa, e diventare
una minaccia per i 330 mila posti di lavoro che il settore
dell’acciaio europeo assicura oggi.
Per andare incontro a questi timori, in febbraio l’Unione
Europea sta correndo ai ripari e ha annunciato di aver
istituito un dazio antidumping provvisorio sulle importa-
zioni di barre e tondi d’acciaio dalla Cina. I dazi previsti
vanno dal 9,2%al 13%. Le importazioni in dumping dalla
Cina hanno costituito il 93% delle importazioni comples-
sive in questo tipo di mercato nella UE. Alle misure sul
tondo è poi proseguita la decisione di istituire un dazio
sui laminati piani a freddo, sia cinesi sia russi. La Commis-
sione Europea ha inoltre confermato di aver aperto una
inchiesta antidumping contro le importazioni di altri tre
Le richieste alla UE dall’Italia
Anche Confindustria si è detta preoccupata
per la possibile abrogazione, da parte
della Commissione Europea, delle misure
antidumping contro le importazioni dalla
Cina di viti, bulloni ed elementi di fissaggio
in acciaio. Confindustria, considera
questo evento come un colpo fatale
per la manifattura europea, già invasa
dalla sovracapacità produttiva cinese.
Sulla questione ha espresso le sue
preoccupazioni anche Federacciai, che
chiede una politica industriale europea che
metta al centro scelte di razionalizzazione
e che preveda risorse in grado di favorire
un accompagnamento sociale di queste
misure. L’Italia è fortemente interessata a
questo processo, anche per il concomitante
tentativo di rilancio del campione nazionale,
l’Ilva di Taranto. Da qui la richiesta alla UE
di utilizzo di tutti gli strumenti a disposizione,
inclusi strumenti di difesa commerciale
previsti dalla WTO e dalle regole UE
antidumping.