novembre 2014
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ropei che, se rimosse, permetterebbero gua-
dagni sia in termini di produttivitàper addetto
sia in numero di ore lavorate all’anno. I Paesi
membri hanno strutture industriali diversifica-
te. La Germania ha una struttura molto solida
che pesa per oltre il 20%, in Francia il peso del
manifatturiero sul PIL globale è solo del 10%
circa, al pari dell’UK.
Il quadro italiano
La manifattura italiana pesa per il 15% circa
sul PIL globale ma, dall’analisi rilevata da K
Finance per Borsa Italiana, si direbbe che so-
lo Milano e Roma hanno superato la soglia
del 20% del fatturato legato al settore in-
dustriale e manifatturiero. L’analisi K Finan-
ce ha preso in esame che hanno generato
un fatturato superiore a 250 milioni di
euro ed è emerso un quadro abbastanza
significativo. In un anno di rallentamento
dell’economia, come è stato il 2012, sono
presenti ‘germogli’ di crescita importanti
rappresentati da una buona performan-
ce delle società con fatturato superiore
a 250 milioni di euro che hanno creato
valore per circa 4,5 bilioni di euro. I dati
però mostrano un’Italia a due velocità: da
un lato ci sono aziende che stentano ad
adeguarsi ai mutamenti tecnologici e alla
dimensione internazionale del lavoro, fa-
ticando a sopravvivere; dall’altro ci sono
aziende che innovano, esportano e inve-
stono all’estero. La fotografia che viene
scattata al Paese è che l’internazionaliz-
zazione delle imprese è rilevante ed è in
aumento, così come l’aspetto dimensio-
nale e l’incidenza sulle esportazioni che
danno un valore al settore manifatturie-
ro. Nel primo trimestre 2014, è stata regi-
strata una crescita tendenziale del 5,4%.
È da più di quattro anni, secondo il mo-
nitor dei distretti del Centro Studi di In-
tesaSanPaolo, che le aree distrettuali cre-
scono ininterrottamente. Dopo la crisi del
2009, si trattava di un rimbalzo, negli ul-
timi trimestri sono stati toccati nuovi mas-
simi storici e si può parlare di ripresa, al-
meno sui mercati esteri. I distretti hanno
dato una spinta importante alla crescita
del tessuto produttivo italiano: nei primi
tre mesi del 2014, due terzi circa dell’au-
mento dell’export italiano di manufatti
(complessivamente pari in valore assoluto
a 1,7 miliardi di euro nel confronto con lo
stesso periodo del 2013) è stato spiegato
dalle aree distrettuali che hanno esporta-
to 1,1 miliardi di euro in più rispetto allo
scorso anno.
L’export fa la differenza
È confermata la maggiore dinamicità ri-
spetto ai principali competitor europei:
l’export di manufatti tedesco, infatti, è
cresciuto dell’1,5%, mentre la Francia non
è andata oltre un progresso dello 0,6%.
Emergono pertanto nuove conferme sul-
la centralità dei distretti nel panorama
manifatturiero italiano. In Italia sono
molte le aree altamente specializzate e
caratterizzate da elevate competenze
produttive diffuse e condivise che offro-
no vantaggi competitivi. In molti di questi
territori le filiere produttive non sono sta-
te spezzate e/o compromesse dalla crisi
iniziata nel 2009 ma, al contrario, hanno
saputo rinnovarsi, facendo leva sull’alta
stabilità delle relazioni di partnership tra
capofila e subfornitori/terzisti. Spiccano
per intensità di crescita alcune tra le più
importanti aree distrettuali italiane come
la componentistica e termoelettromecca-
nica friulana, l’oreficeria di Valenza e di
Arezzo, la concia di Arzignano e l’occhia-
leria di Belluno, seguiti dalla rubinetteria,
valvolame e pentolame di Lumezzane e
dalle piastrelle di Sassuolo. Sono ripartiti
i tre più importanti distretti del tessile-
abbigliamento (Prato, Como e Biella) e
le due principali aree del legno-arredo
italiano (Brianza e Livenza e Quartier del
Piave). Segnali favorevoli emergono an-
che dall’analisi degli sbocchi commerciali,
con i mercati tradizionali, che sono tor-
nati a guidare la crescita dei distretti, si
tratta di Stati Uniti, Svizzera, Regno Unito
e Germania. L’export dei distretti, nono-
stante la forza dell’euro e la crisi ucraina
(con il conseguente calo dei flussi diretti
verso Ucraina e Russia), ha mantenuto
un profilo di crescita dinamico sui nuovi
mercati (+7,4% la variazione tendenziale
nei primi tre mesi dell’anno). Sono stati
trainanti gli Emirati Arabi Uniti, il merca-
to cinese (Hong Kong e Cina) e la Corea
del Sud.