novembre 2014
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velli di produttività odierni e senza ipotizza-
re miglioramenti di produttività ed è emerso
che avremmo bisogno di 15,5 milioni di nuovi
lavoratori per ottenere performance di 841
miliardi”. È sicuramente auspicabile questa
crescitamanonè fattibile se si restaagli attuali
livelli di produttività. Vi sono una serie di rigi-
dità strutturali in alcuni mercati del lavoro eu-
che questa cifra è pari alla sommatoria del
valore aggiunto del compartomanifatturie-
ro creato da Germania e Italia. È come se in
sette anni si dovesse reinventare una nuova
Germania e una nuova Italia. Abbiamo poi
fatto un’altra simulazione – prosegue De
Molli – e ci siamo domandati di quanti posti
di lavoro avremmo bisogno, considerati i li-
ta, emerge che, posto l’obiettivo del 20%
del PIL derivante dal settore manifatturie-
ro, la media del 28 Paesi europei è poco
sopra il 15%. L’obiettivo percentuale si ri-
ferisce all’Unione europea nel suo insieme.
Considerando l’evoluzione tra il 2010 e il
2013, la maggior parte dei Paesi con un
settore manifatturiero meno sviluppato ha-
visto la quota di valore aggiunto dalla pro-
duzione ulteriormente ridursi. Al contrario,
la maggior parte dei Paesi con una quota
maggiore di valore aggiunto dalla produ-
zione ha registrato un aumento. Sono otto
su 28 i Paesi che nel 2013 hanno raggiunto
o superato la soglia del 20% e questi sono:
Lituania, Slovenia, Germania, Slovacchia,
Ungheria, Irlanda, Romania e Repubblica
Ceca. “Abbiamo fatto delle simulazioni -
spiega De Molli - se la media dell’incidenza
del PIL manifatturiero sul PIL globale fosse
del 15%e volessimo che passasse al 20%nel
2020, ci siamo domandati di quanto deve
crescere in valore assoluto il settore mani-
fatturiero per rapportarsi al valore del PIL.
Per fare questo, abbiamo applicato al PIL
dei diversi Paesi europei i tassi di crescita
previsti dagli istituti nazionali dei rispettivi
Paesi e alla fine abbiamo stimato che servi-
rebbero 841 miliardi di euro per raggiunge-
re il valore stimato di PIL manifatturiero. E,
da analisi più specifiche, abbiamo appurato
Come raggiungere il traguardo?
Manifattura più forte? Si ma con politiche ad hoc e con un occhio a costi e
tassazione che, di fatto, portano a distorsioni competitive tra i Paesi europei. I
casi più clamorosi, illustrati da De Molli (TEH Ambrosetti), sono quelli relativi al
prezzo dell’energia elettrica e l’incidenza delle tasse sul prezzo. Dalla tabella,
relativa al 2013, balza subito all’occhio che a parità di costo dell’energia, tra
Svezia e Germania, se si applicasse alla Germania la stessa tassazione svedese,
la Germania risparmierebbe, secondo i calcoli Ambrosetti, 17,1 miliardi di euro
all’anno. Tra Cipro e la Finlandia il rapporto è tre volte superiore e sfavorevole
a Cipro, mentre l’Italia, sia per tassazione sia per costo dell’energia, supera di
parecchio la media europea. Campanello d’allarme anche sui costi di chi avvia
una nuova attività di business. Nel nostro Paese e in Polonia l’incidenza di questo
costo è elevata e supera il 14%, contro una media europea che si ferma al 4%
e Paesi come la Danimarca o la Slovenia in cui questi costi sono praticamente
assenti. Secondo le analisi, se questi parametri fossero applicati all’intera Europa
permetterebbero un risparmio di 4 miliardi di euro ogni anno. Una variabile che
crea distorsione e non agevola lo sviluppo del settore manifatturiero in Italia
riguarda i tassi di interesse applicati ai finanziamenti. Basti pensare che, secondo
le rilevazioni di Ambrosetti, se in Italia si applicassero i tassi francesi, l’Italia
risparmierebbe 16,4 miliardi di euro.