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novembre 2014

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L’

industria manifatturiera corre.

Non con lo stesso ritmo in tutto il

mondo. L’Europa perde terreno,

rispetto alle grandi potenze emergenti co-

me la Cina o la Corea, ma di sicuro non sta

a guardare. Il vecchio Continente si è dato

l’obiettivo di portare al 20% l’incidenza del

PIL manifatturiero dei Paesi membri dell’U-

nione sul PIL globale entro il 2020. Se nel

2000 l’incidenza del PIL manifatturiero

sul resto del PIL pesava per il 18,5%, nel

2013 è sceso al 15%.

La strategia è racchiusa in quello che An-

tonio Tajani, ex commissario europeo per

l’imprenditoria e l’industria, ha definito

‘Rinascimento industriale europeo’ ossia

fare del comparto industriale il settore

trainante dell’economia europea. Ad

oggi, però, solo otto dei 28 Paesi dell’U-

nione europea hanno superato questa

percentuale. Il resto d’Europa arranca.

Tra questi anche l’Italia. Ma non tutta: da

una ricerca emerge come nel Bel Paese

vi siano diverse Province che invece han-

no superato brillantemente la soglia del

20% e fanno invidia per innovazione al

resto d’Europa.

Come raggiungere questo obiettivo?

L’Italia è in linea con la media europea, ma

il nostro Paese deve fare anche i conti con

una serie di vincoli e ostacoli che, in un cer-

to senso, possono frenare la crescita del PIL,

come il rigore dei conti pubblici, le politiche

di spesa per il rilancio, la disoccupazione, i

costi dell’energie e la tassazione. Come ha

sostenuto Valerio De Molli, managing part-

ner The European House (TEH) - Ambroset-

ti, su Il Sole 24 Ore “l’obiettivo del 20% non

è casuale: alla fine degli anni 90 il manifat-

turiero rappresentava, in termini di valore

aggiunto, oltre il 20%. In una decina d’anni,

tuttavia, la situazione è drasticamente cam-

biata, come dimostra il fatto che l’inciden-

za oggi è scivolata al 15,6%. Fra il 2008 e il

2012 il manifatturiero europeo ha perso ol-

tre 3,4milioni di posti di lavoro (quasi il 10%

in quattro anni)”. Tajani calcava la mano in

un’intervista a Uomini&Imprese del marzo

2014 sostenendo: “Nell’ultimo decennio

gli investimenti in Europa sono diminuiti di

350 miliardi di euro, dimezzando la nostra

quota globale dal 40 al 20%. Il baricentro

della produzione manifatturiera si è sposta-

to verso i Paesi emergenti, come la Cina”.

The manufacturing industry does not run

at the same pace all over the world. Europe

is losing ground compared to the main

emerging powers such as China and Korea,

but it is certainly not surrendering. The old

continent has set itself the goal of bringing

the incidence of manufacturing GDP of

EU member states on total GDP to 20%

by 2020. While in 2000 the incidence

of Europe’s manufacturing GDP on the

total was 18.5%, by 2013 it had dropped

to 15%. The strategy is encapsulated in

what Antonio Tajani, former European

Commissioner for Enterprise and

Industry, has called a ‘European industrial

renaissance’, i.e. making the industrial

sector the leading sector of the European

economy. To date, however, only eight

of the 28 EU countries have exceeded

this percentage. The rest of Europe is

struggling, including Italy. But not all

of Italy: research shows that there are

several provinces of the Bel Paese that have

instead brilliantly passed the threshold of

20% and are the envy of the rest of Europe

for their innovation. Italy is in step with

the European average, but our country also

has to deal with a number of constraints

and obstacles that, in a sense, may restrain

GDP growth, such as the stringency of the

public finances, spending policies dedicated

to the recovery, unemployment, energy

costs and taxation. In a year of economic

downturn, as it was in 2012, there are

‘sprouts’ of significant growth in the form

of good performance by Italian companies

with a turnover exceeding 250 million

euro, which has created about 4.5 billion

euro in value. The data shows, however,

an Italy running at two speeds: on the

one hand there are companies struggling

to adapt to technological change and the

international scale of labor which are

barely surviving; on the other hand there

are companies that innovate, export and

invest abroad

A journey through Italy at

two different speeds