ration prevede che in futuro il robot
potrà operare nello stesso ambiente
e interagendo nelle sue azioni con
l’essere umano. La robotica, come
tutte le tecnologie innovative, ha
avuto fin dall’inizio una difficoltà di
integrazione perché l’innovazione
spaventa e il senso di insicurezza
dovuto a qualcosa di sconosciuto
traspare in maniera prepotente. Lo
stato attuale della tecnologia robo-
tica prevede aree isolate dove il ro-
bot possa muoversi e non arrecare
danno all’essere umano ma il trend
verso il futuro è differente. Già oggi
si hanno esempi di collaborazione
che vanno dall’addestramento, il
braccio robotico viene guidato ‘per
mano’ dall’addestratore, fino alla
condivisione di spazi tramite oppor-
tune modalità di interscambio. Dalla
cella isolata fisicamente si è passati
quindi alla possibilità per il robot
di occupare aree dove può lavorare
anche l’umano, fermo restando che
una barriera o una sensorizzazione
opportuna assicurino il movimento
del robot solo nei momenti in cui
non c’è personale nell’area. Il passo
successivo sarà quindi la collabora-
zione, ovvero avere robot e umani
che condividono la stessa area di
lavoro. Stando a una recente analisi
di Barclay i 60.000 robot comprati
dalla Cina quest’anno diventeranno
150.000 nei prossimi anni, si evince
quindi che l’opportunità di far lavora-
re insieme uomini e macchine si stia
profilando sempre più all’orizzonte.
La normativa
Anche dal punto di vista normativo
si assiste a una evoluzione che porta
per esempio a indirizzare i costruttori
su forme arrotondate per ridurre la
pressione di contatto in caso di im-
patto e a limitare masse e velocità per
renderle compatibile col movimento
di una persona. La giornata di stu-
dio ha affrontato anche l’importante
argomento della sicurezza nei nuovi
contesti di HRC, così come viene
trattato nelle norme di riferimento e
nella Direttiva Macchine 2006/42/CE.
Il trend del futuro sarà quindi un
robot che abbia le stesse movenze e
gli stessi effetti fisici che potrebbero
aversi lavorando con una persona
ed urtandosi vicendevolmente, equi-
paggiato di sensori che gli permetta-
no di rilevare il contatto con il vicino
e reagire allontanandosi esattamente
come farebbe il braccio di una perso-
na. Dario Colucci, servicemanager di
Sick, ha indicato alcune best practice
per rendere il più possibile sicuro
un impianto produttivo, un aspetto
che le aziende dovrebbero prendere
in considerazione già in fase di pro-
gettazione di ogni singolo sistema.
Grazie al servizio SafetyPlus, Sick
affianca i suoi clienti sia in fase di
progettazione, sia nei casi in cui si
debbano integrare in impianti già
in uso attivi soluzioni di sicurezza
certificate come barriere di sicurezza
e laser scanner per il monitoraggio
di aree pericolose.