fluidotecnica
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APRILE
2017
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ce abbiamo praticato la pallinatura
attraverso una mistura di particelle
di allumina e solfuro di rame. La
deformazione dovuta alla pallinatura
rende la superficie chimicamente più
attiva, e si verificano reazioni di sosti-
tuzione che formano un nanostrato
di solfuro di ferro al di sopra della
ghisa. E il solfuro di ferro è noto per
formare legami molto forti con le
molecole d’olio”.
I risultati degli esperimenti
Per valutare il risultato del trattamen-
to sui blocchi di ghisa è stato usato
il classico test di attrito ‘blocco su
anello’, praticato con un anello di
acciaio dolce di durezza 137 HV lubri-
ficato con olio minerale raffinato del
Gruppo I. I coefficienti di attrito sono
stati misurati sotto carichi di 30 e 50
N a varie velocità. Usando i due tipi
di particelle singolarmente si è co-
munque misurata una riduzione del
coefficiente di attrito, ma il risultato
spettacolare è stato ottenuto quando
vengono usati insieme per la palli-
natura: come abbiamo anticipato, si
arriva a un valore di 0,01 per cento,
con una riduzione del coefficiente di
un fattore 10.
Varenberg spiega così il risultato: “La
pallinatura con ossido di alluminio
porta a un indurimento della super-
ficie, ma non ha ottenuto molti altri
effetti. Le particelle di solfuro di rame
sono più piccole e tenere rispetto alla
struttura della superficie di ghisa, e
perciò portano a una superficie più
liscia ma meno indurita. Usandole
entrambe, invece, si è ottenuta una
superficie attivata meccanicamente,
che ha interagito in modo più ef-
ficace col solfuro di rame creando
una pellicola superficiale di solfuro
di ferro presumibilmente più unifor-
me e spessa”. Esami spettroscopici
hanno confermato questa analisi,
dimostrando che l’uso di entrambi i
tipi di particelle è quello che porta a
una maggiore concentrazione di zol-
fo sulla superficie. L’uso del solfuro
di rame è stato preferito a quello di
lubrificanti solidi più efficaci quali il
solfuro di tungsteno e di molibdeno,
in quando la sostituzione del rame
con il ferro avviene più facilmente,
e la superficie di solfuro di ferro si
crea perciò più rapidamente.
Un esame con il microscopio elet-
tronico a scansione ha anche dimo-
strato che la superficie così ottenuta
èmolto resistente all’usura. “Ritenia-
mo che pur essendo molto sottile, lo
strato sia autorigenerante e non si
consumi facilmente. Pensiamo che lo
zolfo presente sulla superficie sia in
grado di migrare più all’interno del
materiale, mantenendo così l’integri-
tà della pellicola di solfuro”.
Un vasto futuro di applicazioni
I risultati descritti sorpassano quelli
ottenibili con i migliori oli lubrificanti
commerciali, e sono confrontabili
con quelli di oli sperimentali con
additivi nanotecnologici, che sono
però ancora in fase sperimentale e
molto costosi. Questo rende molto
promettente l’uso di questa tecno-
logia per il futuro, in particolare per
l’industria automobilistica, ma anche
per altri settori, come la tecnologia
medica.
A
C
B
D
a: superficie inalterata
b: superficie pallinata con solo ossido di alluminio
c: superficie pallinata con solo solfuro di rame
d: superficie pallinata con entrambi i composti