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Progettare 453 – Aprile 2023

Stop alle auto endotermiche. Così l’Europa fa male all’Italia

Il Parlamento Europeo, nella seduta del 14 febbraio scorso, ha approvato in assemblea plenaria l’accordo raggiunto con il Consiglio Europeo relativo alla revisione degli standard in materia di emissioni di CO2  per le  auto  e i furgoni di  nuova immatricolazione. L’accordo ratifica lo stop delle nuove auto termiche e veicoli commerciali leggeri a partire dal 2035, come misura contenuta nel pacchetto ‘Fit for 55’, che stabilisce il percorso verso l’azzeramento delle emissioni di CO2 per i nuovi autoveicoli. Gli obiettivi intermedi di riduzione delle emissioni per il 2030 sono stati fissati al 55% per le autovetture e al 50% per i furgoni. Le ricadute di questa decisione comunitaria saranno però estremamente pesanti soprattutto per l’Europa stessa. E forse in particolare per l’Italia. La trasformazione del settore costerà enormi investimenti agli OEM con grosse ripercussioni sugli occupati in tutta la filiera produttiva. La manifattura dei motori elettrici impiega solo il 20% della forza lavoro rispetto alle ore/uomo per l’assemblaggio di analoghe Power Unit a combustione interna sia per il ridotto numero di componenti da assemblare sia per la semplicità dei processi costruttivi. Questo comporta in Europa, solo considerando gli impiegati diretti e non dell’intera filiera, una riduzione degli organici a regime (2030) di 32 mila occupati. Non altrettanto hanno scelto di fare le autorità pubbliche in USA e in Cina, dove sono in atto enormi programmi a sostegno della transizione dei produttori verso il nuovo modello di trasporti individuali. E alcuni risultati sono già evidenti: il mercato interno cinese è al momento il più grande al mondo per la produzione e commercializzazione dei veicoli a propulsione elettrica. Ma anche in Europa, c’è chi corre ai ripari. L’industria tedesca dell’automotive, infatti, ha annunciato finanziamenti record: investirà più di 220 miliardi nell’elettromobilità tra il 2022 e il 2026, oltre 44 miliardi all’anno. Si tratta di una mole di investimenti che supera gli stanziamenti del bilancio federale del 2022 per l’energia (10,6 miliardi), l’istruzione e la ricerca inclusa quella astronautica (20,2 miliardi) e la cooperazione internazionale (10,8 miliardi). La sola Volkswagen ha annunciato che investirà al pari di uno Stato: 20 miliardi per la sola produzione di batterie. E l’Italia rischia di pagarne le ripercussioni.

l.rossi@lswr.it
@lurossi_71