26
giugno 2014
tutto il territorio nazionale. Solo nella mia
azienda, in Cosberg, sono stati circa 800-
1.000 i ragazzi che sono venuti. E dico con
soddisfazione che le iscrizioni ai percorsi
tecnici delle scuole superiori sono aumen-
tate del 30% in questi ultimi anni. Segno
che occorre investire sul futuro ed essere
promotori di una cultura d’impresa.
All’estero questi percorsi di sinergia tra im-
prese, scuole e istituzioni si fanno da mol-
to tempo, ma le dimensioni delle aziende
in quei Paesi sono talmente superiori alle
nostre che è più semplice. Per una piccola
impresa, fermare per un giorno la produ-
zione per accogliere in azienda i ragazzi
è un investimento. Non solo, è un cambio
notevole di mentalità. Ma ci dobbiamo ar-
rivare per combattere la fragilità delle no-
stre imprese”.
Ci spiega in cosa consiste questo con-
cetto di fragilità delle nostre imprese e
come possiamo superarlo?
“Nel momento in cui la crisi si è fatta più
pressante, anche le nostre aziende hanno
innovazione vera, deve avere la possibilità
di metterla a bilancio.
Due sarebbero le conseguenze virtuose: la
prima sarebbe quella di creare un volano
virtuoso in investimenti in innovazione da
parte delle aziende, se questo passaggio
ovviamente fosse sostenuto dal Governo
con la possibilità per due anni di detrarre
questa voce dalle tasse; la seconda sareb-
be quella che, mettendo a bilancio queste
voci, il valore di un’azienda che fa ricerca
tecnologica aumenterebbe, dando la pos-
sibilità ai piccoli imprenditori innovativi di
avere un elemento, certamente non bana-
le, per confrontarsi con gli istituti di credito
nel momento della richiesta di finanzia-
menti”.
Presidente, lei sostiene che la conoscen-
za deve essere condivisa e occorre ave-
re il coraggio di aprirsi. Con quali forme?
“La conoscenza e l’innovazione non si de-
vono fermare all’interno di un’azienda, ma
diventa fondamentale costruire sinergie,
creando e condividendo conoscenze, espe-
rienze e tecnologia con realtà anche diver-
se tra loro.
In altre parole, oggi più che mai è indispen-
sabile aggregare per generare vantaggio
competitivo e contribuire a fare ‘open in-
novation’. Detto altrimenti, non dobbiamo
avere paura di essere copiati e dobbiamo
fare rete di conoscenza anche con i nostri
concorrenti, con istituti finanziari e di ricer-
ca, tra associazioni di categoria e singole
imprese.
Uno strumento fondamentale per pro-
muovere la crescita delle imprese sono i
Cluster tecnologici, riconosciuti dall’Unio-
ne europea come soggetti di politica indu-
striale e innovazione, luogo di incontro tra
imprese, istituzioni pubbliche e di ricerca.
I Cluster oggi sono più efficaci rispetto ad
altre forme di aggregazione perché pun-
tano sull’integrazione tra soggetti di tipo
diverso, con maggiore dinamicità e spinta
alla progettualità innovativa. Dei nove Clu-
ster creati in Italia, uno riguarda la ‘Fab-
brica intelligente’ ed è dedicato al mondo
dell’automazione industriale e della mec-
catronica; affronterà temi rilevanti per la
manifattura del prossimo futuro, puntan-
do sulla circolazione di idee e sulla molti-
plicazione delle opportunità con partico-
lare riferimento all’iniziativa comunitaria
Horizon 2020”.
iniziato a diventare fragili, in tema di patri-
monializzazione e di fidelizzazione dei di-
pendenti meritevoli, in tema di dimensioni
e di tutela del know-how aziendale, fino
ad arrivare a quello del passaggio genera-
zionale.
Dobbiamo quindi lavorare per rendere le
nostre imprese ‘antifragili’, capaci cioè non
solo di reagire alle criticità, ma anche di
affrontarle e uscirne migliorati, trovando
soluzioni innovative per rispondere al con-
testo attuale. Oggi le aziende devono tro-
vare orizzonti, opportunità di crescita e di
innovazione. La Piccola industria deve di-
ventare la protagonista di un Rinascimento
industriale italiano”.
Presidente, mi pare che lei sia convinto
che occorra puntare sulla conoscenza,
sui cosiddetti asset intangibili?
“Certamente. Il vero valore di un’azienda
è il suo know-how. L’innovazione passa
necessariamente attraverso creatività e
conoscenza, entrambi da condividere e va-
lorizzare. Un prodotto nuovo non è solo la
conseguenza di un momento di creatività,
ma è anche il risultato tangibile di una se-
rie di azioni innovative che possono essere
ricondotte all’organizzazione e alla forma-
zione aziendale, al bagaglio di conoscenze
e alla gestione del know-how. Quindi, a
tutto ciò che si può definire appunto capi-
tale umano. Il capitale intangibile di un’a-
zienda. Ed è su questo che ci giochiamo il
nostro futuro”.
Lei ha anche lanciato la proposta di met-
tere a bilancio questi asset intangibili,
per rendere visibile il loro valore ma an-
che per stimolare ancora di più la spinta
all’innovazione. Ci parla di questa sua
idea?
“Ma certo, anche questa è una battaglia
culturale che va portata avanti con con-
vinzione. Se l’intento è quello di stimolare
e agevolare il finanziamento agli investi-
menti in innovazione, occorre innanzitutto
conoscere concretamente il valore dei co-
siddetti ‘capitali intangibili’ di un’azienda:
dal know-how al valore del brand, fino ad
arrivare a dare rilevanza numerica anche a
tutto quel patrimonio di conoscenza che
comprende, ad esempio, anche i brevetti.
Ossia è necessario dare loro un valore rea-
le. Questo è il primo passo per poi realiz-
zare quello successivo: chi fa ricerca, chi fa