EDITORIALE
LUCA ROSSI
La Cina scommette
sulla manifattura hi-tech
Nel 2016 la Cina ha presentato domande per un milione 338 mila brevetti, più della somma dei
quattro Paesi che la seguono in questa classifica: USA, Giappone, Corea del Sud e Germania.
Rispetto all’anno precedente, il Paese del Dragone ha aumentato del 46% le richieste mentre
i suoi competitor sono rimasti fermi o in calo. Ma, e questo è il punto della riflessione, ha
focalizzato le domande presentate sulla manifattura ad alta tecnologia e a valore aggiunto.
In questo contesto, non meno importante è anche la politica di acquisizioni all’estero: dei 170
miliardi di dollari di investimenti in uscita nel 2016, il 19,42% è destinato alla manifattura (era
il 13,72% nel 2015). Anche nella formazione la strategia di Pechino è coerente col progetto se
consideriamo che sono ben 544 mila gli studenti, finanziati da borse di studio del Governo,
che seguono corsi universitari e master all’estero. Fondamentali, inoltre, sono anche gli
accordi per la creazioni di piattaforme tecnologiche in joint-venture con università europee.
Il motivo della svolta è presto detto: il Piano China Manufacturing 2025, varato dal Governo,
ha spostato le risorse per lo sviluppo sulla manifattura. Obiettivo è la totale trasformazione
del tessuto industriale cinese: dalle produzioni a basso costo il Paese vuole passare a
un’industria ad alto valore tecnologico. Questa scelta incide anche sullo scenario della
concorrenza globale. China Manufacturing 2025 cercherà di traghettare Pechino nell’hi-tech.
In Italia, Germania, Francia e Gran Bretagna entreranno a regime i Piani Industria 4.0. Gli
USA proveranno a consolidare la leadership nelle tecnologie legate a Internet e a difendere
il territorio grazie alla leva fiscale e alle politiche dell’American First di Trump. La tecnologia
digitale al servizio della manifattura sarà quindi lo strumento con cui si giocherà la partita
della competitività sui mercati mondiali.
@lurossi_71
progettare
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APRILE
2018
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