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EDITORIALE

Il

PIL

accelera.

Ma non in

Italia

L’economia globale attraversa una fase di turbolenza ma gli indicatori se-

gnano una crescita nei prossimi anni. Nel 2018 la Cina potrebbe tornare

ad essere fonte di volatilità, in attesa che le autorità di Pechino ridisegnino

la mappa di potere per i prossimi 5 anni. L’esuberanza dei mercati, a se-

guito dell’elezione negli USA di Donald Trump, si sta ridimensionando e

cominciano ad affiorare dei timori. Tra i pochi Paesi che arrancano c’è

l’Italia. Lo indica un recente rapporto Prometeia, la società di ricerca eco-

nomica.

Secondo il report Prometeia, alla fine dello scorso anno il livello del PIL del

nostro Paese era inferiore di oltre il 7% rispetto ai massimi fatti registrare

all’inizio del 2008. A differenza nostra, quel gap è stato notevolmente

ridotto dalla Spagna che ora è arrivata a una distanza di solo l’1% nel

medesimo periodo temporale. Nella media dell’Eurozona il PIL è stato in-

vece superiore del 2,4%. Stesso trend crescente l’hanno fatto registrare la

Germania (7,8%) e la Francia (4,5%).

Lo scorso anno la crescita italiana, misurata pro-capite, è stata più alta

di quella di USA, Francia e Germania. Una buona notizia all’apparenza,

dovuta però al calo demografico della popolazione italiana. Prometeia

ha rivisto al rialzo la stima di crescita per l’Italia sia per il 2017 (+0,9%

dal +0,7%) sia per il 2018 (+0,9% dallo 0,8%). Se passiamo ad analiz-

zare i dati riguardanti il mercato del lavoro, il quadro non cambia. A dieci

anni circa dall’inizio della crisi è occupato il medesimo numero di persone,

anche se per meno ore, mentre il divario tra Nord e Sud è rimasto im-

mutato. Segnali positivi arrivano, invece, dall’offerta di lavoro femminile

e degli over 55, dalla domanda di lavoro stabile e dal ri-orientamento

dell’occupazione verso i servizi.

luca.rossi@fieramilanomedia.it

@lurossi_71

9

rmo

maggio 2017