Metalmeccanica in calo a giugno nei dati Federmeccanica
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La 163° indagine congiunturale di Federmeccanica sull’industria metalmeccanica mostra che nei primi sei mesi del 2022 la produzione metalmeccanica italiana ha mostrato segnali contrastanti culminati con un calo del mese di giugno del -3,2% rispetto a maggio.
Nel primo semestre si sono osservati andamenti produttivi tendenziali fortemente differenziati nei diversi comparti dell’industria metalmeccanica: la produzione di computer, radio TV, strumenti medicali e di precisione è cresciuta sensibilmente (+7,4%), così come quella di macchine e apparecchi meccanici (+2,5%) e degli altri mezzi di trasporto (+1,4%); di contro, sono diminuite le attività della metallurgia (-3,6%), le fabbricazioni di autoveicoli e rimorchi (-3,0%), di macchine e apparecchi elettrici (-2,5%) e di prodotti in metallo (-2,4%). Nei principali paesi dell’Unione Europea, rispetto al primo semestre 2021, la produzione metalmeccanica è diminuita dello 0,3%. La stabilità produttiva italiana si confronta con le variazioni negative osservate, invece, in Francia (-0,2%) e soprattutto in Germania (-2,2%); soltanto la Spagna ha registrato un incremento tendenziale del +0,8%. Tuttavia, nel confronto internazionale per il mese di giugno, si evidenzia come soltanto l’Italia abbia registrato un calo congiunturale della produzione.
Sulle dinamiche produttive che si registrano nei singoli settori sta incidendo, oltre alla ripresa della domanda interna, anche l’export che, seppur in rallentamento, rimane molto sostenuto. Nel primo semestre del 2022 le esportazioni metalmeccaniche sono cresciute del 15,8% e le importazioni del 24,1%, sebbene per entrambi i flussi si rilevi una dinamica in attenuazione nel secondo trimestre rispetto al primo. Va considerato che gli incrementi dell’interscambio in valore sono stati influenzati da una forte crescita dei valori medi unitari. Rispetto alle aree di destinazione, le esportazioni verso i paesi Ue sono cresciute del 18,9% mentre quelle verso i paesi extra Ue del 12,2%. Nel dettaglio, è aumentato l’export verso la Francia (+16,1% rispetto al primo semestre 2021) e la Germania (+15,2%), ma soprattutto verso la Spagna (+24,0%), l’India (+24,2%) e gli Stati Uniti (+26,8%). Al contrario, sono diminuiti i flussi diretti in Cina (-12,5%) e in Russia (-13,3%).
“Stiamo navigando in acque molto agitate per effetto, tra le altre cose, dell’onda lunga determinata dall’incremento dei prezzi delle materie prime e dei prodotti energetici – ha dichiarato Diego Andreis, vice presidente Federmeccanica -. Prima si diceva che eravamo dentro una tempesta perfetta, ora stiamo vedendo arrivare un vero e proprio tsunami che ha già incominciato a toccare le nostre imprese in maniera molto pesante e il peggio è ancora a venire se non si interverrà in modo forte e deciso. I dati parlano chiaro e sono ancora provvisori perché relativi ai primi sei mesi dell’anno. Ci sono aziende che a queste condizioni non ce la faranno, altre che si sono già organizzate per sospendere la produzione e ci si chiede quante di queste ritroveranno la domanda persa, soprattutto in un contesto, quello energetico, che sta colpendo così duramente solo l’Europa con l’Italia al centro. Stiamo accumulando ritardo sia negli interventi strutturali che in quelli congiunturali, a livello europeo e nazionale. Noi facciamo la nostra parte come sempre e questo emerge anche dal dato sugli investimenti previsti dalle aziende che, nonostante tutto, ad oggi continuano ad esserci in molte imprese. Servono scelte forti di politica energetica all’interno di una più ampia politica industriale che possa ridare respiro alla competitività delle imprese, consentendo di alimentare e aumentare gli investimenti. Si tratta di investire non solo nel futuro di un’azienda, ma nel futuro del Paese”.
Le imprese intervistate, pur segnalando valutazioni ancora positive, prevedono per il terzo trimestre un aggravamento della congiuntura settoriale con un’evoluzione negativa dell’attività produttiva: solo il 27% si dichiara soddisfatto del proprio portafoglio ordini (era il 33% nella precedente rilevazione); il 24% prevede incrementi di produzione (29% a fine marzo); poco più di due su dieci (21%) ritengono di dover aumentare, nel corso dei prossimi sei mesi, gli attuali livelli occupazionali (rispetto al precedente 25%).
Le attese delle imprese sono inoltre fortemente condizionate dalle conseguenze economiche e umanitarie del conflitto russo-ucraino che ha inasprito la spirale dei prezzi dei prodotti energetici e delle materie prime, rendendo più complessa e onerosa l’attività produttiva.
“Ci sono tanti segnali nella nostra indagine e tutti sono contrastanti – ha commentato Stefano Franchi, direttore generale Federmeccanica -. Abbiamo risultati positivi della produzione industriale nel secondo trimestre con peggioramento però nell’ultimo mese, e un dato complessivamente negativo se confrontato con lo scorso anno. Abbiamo ancora imprese che prevedono di aumentare l’occupazione ma aumentano le aziende che fanno fatica a trovare i profili che servono. Esistono e resistono, evidentemente, problemi strutturali nel nostro Paese che si fatica a risolvere e che non fanno che amplificare le criticità in una fase difficile come quella che stiamo vivendo. Abbiamo comparti in lieve crescita e settori in evidente difficoltà come l’automotive toccato da problemi congiunturali e nel bel mezzo di una complessa transizione tecnologica ed ecologica. È pertanto necessaria una politica industriale organica che consenta di cogliere le opportunità che ci sono e di affrontare i problemi che emergono nell’interesse generale”.
Per la 163° Indagine Congiunturale, Federmeccanica ha realizzato tre focus specifici.
- Il primo è dedicato ai rincari dei prezzi delle materie prime e dell’energia che hanno determinato un impatto significativo sui costi di produzione nel 79% delle imprese che hanno partecipato all’indagine: per oltre la metà (52%) gli elevati costi di energia e materie prime hanno comportato la riorganizzazione del lavoro e/o dell’attività produttiva, mentre per due su dieci si è verificata una riduzione dell’attività di investimento; il 7% rischia di dover interrompere l’attività produttiva (era il 4% nella scorsa rilevazione). L’andamento dei prezzi delle materie prime energetiche continua a ripercuotersi sui prezzi alla produzione e, infatti, in questo inizio d’anno proseguono le dinamiche crescenti osservate nel corso dell’intero 2021. Nel settore metalmeccanico, che risulta il maggior utilizzatore di metalli, a giugno i prezzi alla produzione sono aumentati in termini tendenziali del 14,6%. Tali dinamiche stanno avendo un impatto negativo sulla competitività di molte imprese e stanno fortemente ridimensionando i margini di profitto ulteriormente erosi dall’incremento dei costi dell’energia: il 68% ha registrato una riduzione del margine operativo lordo (62% nell’indagine precedente). Infine, il 53% delle imprese sta risentendo delle ripercussioni del conflitto russo-ucraino: il 54% prevede una contrazione dell’attività produttiva, il 4% corre il rischio di doverla interrompere e il 12% prospetta la riduzione dell’attività di investimento.
- Il secondo approfondimento è relativo alla difficoltà di reperimento di manodopera per le aziende del settore. Tali problematiche sono state evidenziate da più di sette imprese su dieci (71%), una percentuale di gran lunga superiore al 56% ottenuto nell’analoga rilevazione svolta a giugno 2021. Per il 46,1% del campione le competenze difficili da reperire sono quelle tecniche di base/tradizionali, mentre quelle tecnologiche avanzate/digitali e quelle trasversali (ad esempio la capacità di risolvere problemi, prendere decisioni, lavorare in gruppo, comunicazione e autonomia) sono state segnalate dal 22% degli imprenditori.
- L’ultimo focus è infine volto a valutare l’impatto dell’attuale fase economica sull’attività di investimento delle imprese metalmeccaniche: il 68% prevede di attuare forme di investimento nei prossimi sei mesi. , Nel 24% dei casi, gli investimenti saranno destinati ad accrescere il capitale fisso (capannoni, macchinari ecc.); Il 21,7% prevede di realizzare investimenti in tecnologia e digitalizzazione (es. Industria 4.0) e il 19,6% in formazione, il 17,2% in sostenibilità ambientale e risparmio energetico e il 16,6% in ricerca e sviluppo.
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