Le macchine utensili di domani
Materiali leggeri, strutture composite, schiume di smorzamento delle vibrazioni, alta velocità. Si basano su questi aspetti tecnologici le macchine utensili del futuro. I progettisti del comparto hanno davanti a loro immense possibilità di creare, innovare e inventare nuovi sistemi per produrre.
La progettazione delle macchine utensili è sempre stato un compito estremamente difficile ed articolato. Esso implica, infatti, l’analisi e il soddisfacimento di numerose esigenze quali il controllo delle forze e delle vibrazioni scambiate durante la lavorazione, il comportamento termoplastico dell’intera struttura, la precisione di posizionamento, ecc., tutti aspetti interdipendenti che devono essere considerati secondo un approccio ‘olistico’, cioè alla luce delle loro interazioni.
Come aumentare le prestazioni?
Un elemento centrale dal punto di vista delle prestazioni è indubbiamente la struttura meccanica. L’impiego dei materiali finora utilizzati nella produzione di macchinari, essenzialmente materiali metallici ferrosi (acciai e ghise), limita notevolmente l’incremento di prestazioni, a causa dell’elevata massa specifica, cui non corrispondono valori di rigidezza altrettanto elevati. Inoltre, accanto ad un’intrinseca limitazione delle caratteristiche meccaniche, le elevate masse in gioco portano a una penalizzazione dell’efficienza energetica, aspetto che oggigiorno è divenuto imprescindibile.
Ma l’importanza di limitare le masse è legata soprattutto alle prestazioni dinamiche. La competizione sempre crescente sui mercati internazionali spinge i produttori verso cicli di progettazione più brevi e diminuendo i tempi di produzione e dei costi per la loro costruzione. Questa tendenza genera una domanda di sistemi intelligenti e più veloci di lavorazione che sono in grado di ridurre drasticamente i tempi di lavorazione, pur migliorando la precisione finale. L’obiettivo più probabile per i prossimi dieci anni sarà l’ottenimento di accelerazioni due a tre volte superiore rispetto a quelli convenzionali, con una precisione di posizionamento micrometrica. Oltre ad una riduzione delle masse in gioco e un aumento della rigidità, anche smorzamento e stabilità termica sono elementi necessari per garantire un traguardo tecnologico così ambizioso.
Per fortuna oggigiorno l’ingegneria dei materiali ha affiancato alle soluzioni tradizionali (ghisa, acciaio saldato e, in alcuni casi, leghe di alluminio) nuovi paradigmi che hanno notevolmente ampliato lo spettro di possibilità dei progettisti. Tali gradi di libertà, tuttavia, vanno sfruttati con cognizione di causa.
La selezione dei materiali si può basare sulla valutazione di due indici di merito principali: un indice di rigidezza, definito come il modulo di Young del materiale (elevato alla 1/3) diviso per la sua densità (E1/3/ρ) e un coefficiente di smorzamento relativo (η). Più il primo indice è alto, più la struttura è leggera a parità di rigidezza. Il fattore di smorzamento, invece, rappresenta l’atteggiamento dei materiali rispetto alle vibrazioni, ovvero la loro capacità intrinseca di dissiparle. La tabella riporta il valore degli indici di merito per i seguenti materiali: ghisa; acciaio; leghe di alluminio; leghe di magnesio; schiume di alluminio; Cfrp (Carbon Fibre Reinforced Polymer, polimeri rinforzati con fibra di carbonio), considerando tre tipi di fibre di carbonio: HS (High Strength, ad alta resistenza); HM (High Module, ad alto modulo di Young); UHM (Ultra High Module), cioè con modulo di Young maggiore di 700 Gpa.
I materiali
Il materiale caratterizzato dai valori più elevati dell’indice strutturale è il UHM Cfrp. D’altra parte, la schiuma di alluminio mostra sia un buon valore dell’indice strutturale (benché inferiore rispetto a quello della fibra di carbonio) sia un ottimo indice di smorzamento. In realtà, anche le leghe al magnesio vantano un alto valore di smorzamento, ma questo materiale è estremamente costoso, soprattutto a causa del processo produttivo non banale. La schiuma d’alluminio, quindi, si candida a essere una delle armi più promettenti di cui il progettista di macchine utensili si può avvalere. In generale, più schiuma viene inserita in un sottoassieme di macchina, maggiore è il potenziale di smorzamento. In particolare, le schiume metalliche possono essere collocate laddove vi è eccitazione della struttura – o comunque in punti soggetti a importanti flussi di forza – agendo come elemento isolante. Per esempio, risultano particolarmente efficaci sotto le guide, cioè tra l’elemento portante e la struttura che deve essere mossa. Oppure, un più leggero sandwich di acciaio riempito di schiuma d’alluminio può convenientemente sostituire una parete di acciaio elettrosaldato particolarmente soggetta a vibrazioni. Il componente in questione, idealmente, dovrebbe essere costituito da una struttura estremamente snella di materiale ad alto modulo di Young (per esempio, acciaio), riempito di schiuma in alcuni punti specifici; inoltre, la massa ed il volume della schiuma deve essere significativamente maggiore di quello della struttura ‘contenitore’.
Un buon esempio di connubio tra dimensionamento leggero e smorzamento realizzato mediante l’impiego di schiume d’alluminio è costituito dalle traverse della macchina Mikromat 30V 5D (Dynapod), sviluppata nell’ambito del progetto europeo ISF-Light Cornet, che ha coinvolto tra gli altri l’istituto Fraunhofer IWU di Chemnitz (Germania). I due portali di questa macchina utensile (fresatrice per stampi) sono stati progettati e realizzati utilizzando componenti saldati costituiti principalmente da sandwich di acciaio e schiuma di alluminio, che si estendono per una superficie di 1.200 mm × 1200 mm e 35mm di spessore. La figura mostra la macchina nel suo complesso ed un portale in fase di set-up, dove si è ottenuta una deflessione dovuta al peso proprio del 53% inferiore rispetto alla soluzione convenzionale. La massa della soluzione con schiuma di alluminio è pari a 6.6 t, solo di poco superiore a quella della soluzione in acciaio che vale 6.3 t. Le frequenze dei primi modi flessionali della traversa in X e Z sono pari a 37.9 e 75.5 Hz rispettivamente, mentre lo smorzamento relativo oscilla tra il 2.3% e il 2.9%, valori superiori a quelli normalmente presenti in strutture saldate di questo tipo.
Pesi piuma
Per quanto riguarda l’uso di Cfrp, un esempio significativo è rappresentato dai risultati di un lavoro portato avanti nell’ambito del progetto europeo Demat, terminato in dicembre 2013. Accanto a tanti altri aspetti che esulano dal tipo di materiale impiegato, il cuore delle attività era focalizzato sulla progettazione di macchine utensili molto leggere la cui struttura è ottenuta assemblando una serie di moduli predefiniti la cui rigidezza è garantita attraverso l’applicazione del principio delle travature reticolari. Ogni modulo è costituito da un parallelepipedo i cui 8 vertici sono uniti tra di loro da barre in fibra di carbonio; unendo tra di loro questi moduli è possibile ottenere un componente strutturale della dimensione desiderata, secondo un approccio che ricorda molto le costruzioni fatte col ‘Lego’. La struttura a travatura reticolare fa sì che ciascuna barra in Cfrp sia caricata soprattutto in direzione assiale, ossia quella di maggior rigidezza: in tal modo, oltre alle qualità intrinseche della fibra di carbonio, abbiamo un incremento di rigidezza determinato dalla topologia di distribuzione del materiale, dimodoché anche la quantità di Cfrp impiegata risulta essere contenuta. E’ sufficiente guardare il blocco stesso per rendersi conto di quanto questo possa essere più leggero rispetto a una classica soluzione in acciaio saldato: infatti, la riduzione di massa può raggiungere il 70%. L’utilizzo della fibra di carbonio, inoltre, si limita a semilavorati standard (tubi) i cui costi risultano essere piuttosto contenuti.
I costi
Quando si parla di nuovi materiali, un aspetto da non sottovalutare (e che, infatti, non viene mai sottovalutato) è quello legato al costo. Se da un lato i materiali innovativi sono indubbiamente più costosi di quelli tradizionali, è pur vero che una seria analisi costi/benefici può essere fatta solo attraverso un approccio LCA (Life Cycle Analysis) che non si fermi ai meri costi di produzione. Ad esempio, una macchina caratterizzata da una struttura più leggera consumerà meno energia elettrica ed avrà prestazioni dinamiche migliori con cicli di lavoro più rapidi, due aspetti che si riverberano immediatamente in un abbattimento di costi per il cliente.
Un ultimo aspetto importante da considerare è legato ai criteri di progettazione ed alle metodologie di calcolo. Infatti, l’utilizzo di materiali speciali spesso non può essere affrontato con metodologie di progettazione tradizionali. Basti pensare al comportamento anisotropo di molti compositi in fibra di carbonio, che implica la possibilità ottimizzare le proprietà meccaniche del materiale in funzione dello specifico stato di carico. Tale ottimizzazione deve essere ben presente nella mente del progettista e deve essere supportata da adeguati codici di calcolo.
Come detto in precedenza, i ‘gradi di libertà’ messi a disposizione dai nuovi materiali per la progettazione meccanica vanno sfruttati con cognizione di causa. Di sicuro non può essere un atteggiamento pregiudizialmente entusiastico o negativo a determinarne, rispettivamente, il successo o l’insuccesso.
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