Le aziende al tempo del coronavirus
Il Governo raddoppia le risorse per sostenere l’economia, le imprese, i settori e i lavoratori più esposti all’emergenza coronavirus. Nel Consiglio dei ministri dello scorso 5 marzo 2020, ha aumentato i 3,6 miliardi previsti nei giorni scorsi fino a 7,5 miliardi. Una mossa che servirebbe anche per poter fare un’unica richiesta alla UE senza dover poi affrontare il rischio di chiedere altre deroghe in un secondo momento. Ma come stanno reagendo le aziende? Come si sta gestendo questa crisi? La situazione vista dall’agenzia di comunicazione giornalistica Eo Ipso. Da come comunicano le aziende si vede quello che stanno facendo. Il coronavirus sta rivoluzionando la situazione all’interno delle aziende, soprattutto quelle nella zona gialla. C’è chi ha fatto la scelta dello smart working, chi produce e non può, chi ha deciso di continuare come prima. Tutti sperano che la situazione migliori e cercano di salvare il proprio business e i posti di lavoro. “Le grandi aziende hanno attuato delle politiche di trasparenza verso i dipendenti – spiegano Marino Pessina e Chiara Porta, rispettivamente Ceo e direttore responsabile dell’agenzia di comunicazione giornalistica Eo Ipso. Dopo avere mandato una comunicazione a tutti, per la maggior parte dei casi via mail, hanno istituito un numero interno da chiamare, in caso di dubbi o sospetti di contagio all’interno dell’azienda”. Le piccole aziende hanno fatto lo stesso, qui, ovviamente, a comunicare con i dipendenti è stato il titolare stesso. Lo smart working, secondo un comunicato della startup Refurbed, è largamente diffuso in molti paesi europei e del Nord America. Da qualche settimana, sono molte le aziende e gli uffici che sono stati costretti a adottare questa forma di lavoro a distanza, fino ad oggi guardata con sospetto. Un provvedimento che si è reso necessario in risposta all’emergenza sanitaria del coronavirus. Negli Stati Uniti la percentuale di lavoratori a distanza è arrivata al 37%, in Giappone al 30%, ma potrebbe crescere ancora, dal momento che lo smart working viene caldamente incoraggiato per ridurre gli spazi negli uffici. In Europa, la media dei lavoratori da remoto nei vari stati è del 17%, con l’Italia che costituiva il fanalino di coda, ferma al 7%.
Business e prospettive future. I politici stanno gestendo l’emergenza invitando alla calma e mettendo in atto delle misure atte a limitare il contagio. La salute prima di tutto. “Tutti gli imprenditori e le aziende sono preoccupate per il loro business, anche quelle che al momento non soffrono, ma per ora, se si escludono gli operatori del turismo, della ristorazione e degli eventi, sono pochi quelli che danno la dimensione della perdita di fatturato – commenta Pessina. Ne parlano con le associazioni di categoria, con la speranza di vedere messe in atto azioni di lobby che smuovano aiuti da parte del mondo politico e istituzionale. Ma, nei fatti, sono loro che in questo momento stanno lanciando il vero grido d’aiuto”. In azienda si è impegnati a resistere alla crisi, a portare a termine i lavori che si hanno, ad attuare delle strategie di rilancio per il futuro. Il lavoro va avanti e così anche la comunicazione istituzionale già programmata. “Per il futuro, passata l’emergenza, è importante avere pronto un piano di comunicazione e di advertising per rilanciare il proprio business e crearne di nuovo – conclude Porta -. Utilizziamo il tempo che abbiamo ora per pensare a una strategia di rilancio efficace anche sul fronte della comunicazione”.
E i risparmi? Alle incertezze sul decorso dell’epidemia coronavirus si aggiungono in questi giorni quelle dei risparmiatori, relative ai suoi effetti sull’economia. Che impatto avrà il virus sugli investimenti? Secondo una comunicazione ai clienti di Alessandro Foti, ad di Fineco Bank, i mercati non hanno mai una progressione lineare: le flessioni e persino i crolli, sono cicliche. Gli anni dal 1999 a oggi sono stati costellati da eventi drammatici: la crisi della new economy, l’attentato terroristico alle Torri Gemelle, la guerra in Iraq, la crisi dei mutui subprime, il fallimento di Lehman Brothers e il rischio di implosione della più grande area economica mondiale. Solo in ambito epidemiologico negli ultimi 15 anni abbiamo visto la Sars, l’influenza aviaria, la febbre suina, l’Ebola e la Zika: tutti fenomeni di cui ci siamo pressoché dimenticati. In tutti i casi, a un’iniziale correzione dei listini ha corrisposto una ripresa entro pochi mesi. La conclusione? Un concetto molto semplice, ma al tempo stesso fondamentale: i mercati tendono a crescere. Esistono spinte strutturali, come la demografia, l’evoluzione tecnologica e la ricerca continua di maggior benessere, grazie alle quali nel lungo periodo l’economia mondiale nel suo complesso tende a svilupparsi. La redazione di meccanica-plus, pur non essendo una testata generalista, seguirà con attenzione l’evolversi di questa situazione del mercato manifatturiero.
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