Federmacchine: servono misure per rilanciare il mercato interno

Pubblicato il 10 luglio 2013

L’industria italiana costruttrice di beni strumentali nel 2012 ha risentito del difficile contesto che grava sull’intera eurozona, facendo seguito a un biennio di ripresa che aveva permesso il parziale recupero del terreno perso con la crisi: è quanto emerge dai dati di consuntivo presentati in occasione dell’annuale assemblea Federmacchine del 9 luglio scorso che ha ospitato l’incontro con il presidente della piccola industria (e vicepresidente) di Confindustria, Vincenzo Boccia, incentrato sul tema ‘Pmi agire per lo sviluppo’.

Nel 2012 la produzione delle nostre imprese è rimasta sostanzialmente stabile, scesa appena dello 0,8% al di sotto dei 29 miliardi di euro, stando ai dati elaborati dal Gruppo Statistiche Federmacchine, e si sono registrati cali del fatturato per metà delle associazioni che fanno capo alla federazione. Le consegne dei costruttori sul mercato interno, già poco brillanti nel 2011, sono diminuite dell’8,9%, a meno di 7,2 miliardi di euro. La debolezza del mercato italiano, che nel 2012 valeva 11,4 miliardi (-8,1%), ha penalizzato anche l’import, diminuito del 6,8%.

Consapevoli del ridimensionamento del mercato interno, i costruttori italiani hanno orientato la propria attività all’estero: le esportazioni hanno infatti raggiunto un nuovo record nel 2012, salendo del 2,2% arrivando a quota 21,8 miliardi, con una crescita della quota di export su produzione salita di dieci punti percentuali nell’ultimo decennio, toccando nel 2012 il 75%. Tra i principali mercati di sbocco dell’offerta italiana di settore, la Cina si conferma al primo posto, per un valore di 2 miliardi di euro, ma in discesa dell’11%. Al secondo posto la Germania, cresciuta del 6,5% per un valore di 1,9 miliardi di euro, seguita da Stati Uniti, cresciuti ben del 17,2% arrivando a quota 1,9 miliardi di euro, e Francia, con un +1% e 1,4 miliardi in valore.

“L’industria italiana del comparto ha saputo rispondere ai venti di crisi – dichiara Giancarlo Losma, presidente Federmacchine a commento dei numeri – affiancata in questo dalla federazione, che opera per supportare le imprese nel processo di sviluppo e per rappresentare le istanze delle aziende del settore. In particolare, esprimiamo soddisfazione per l’introduzione nel decreto del Fare della misura per l’agevolazione degli investimenti in beni strumentali sul modello della legge Sabatini (1329/1965) che permette all’acquirente di dilazionare il pagamento del bene fino a 5 anni a tasso agevolato, e che molto ha contribuito allo sviluppo del paese dal 1965 a oggi. Serve però adesso che gli organi di governo ne accelerino la fase di finalizzazione, in modo che le imprese possano effettivamente richiedere i contributi a partire dall’inizio del 2014”. L’incertezza sulla disponibilità di risorse e sul momento in cui queste saranno distribuite causa infatti un pericoloso blocco degli investimenti già programmati, in attesa che il decreto divenga operativo.

“L’altro provvedimento per il quale esprimiamo grande favore è quello dei minibond – continua Losma -, vere e proprie obbligazioni emesse dalle PMI e sottoscritte da investitori istituzionali che permettono di rafforzare la struttura patrimoniale e finanziaria delle imprese, favorendo l’accesso al credito, particolarmente difficoltoso. È però necessario che a fronte di un provvedimento realmente innovativo, Confindustria sproni ancora di più gli investitori istituzionali a rendere disponibili i fondi utili per la sottoscrizione delle obbligazioni”.

Federmacchine prosegue intanto nella sua attività sottolineando alle autorità di Governo l’urgenza di provvedimenti a sostegno del rilancio del consumo domestico di beni strumentali, che troverebbe un utile strumento nella liberalizzazione delle quote di ammortamento degli investimenti in mezzi di produzione. “Nella nostra proposta – afferma Losma – gli investimenti in beni strumentali sono deducibili, ai fini delle imposte sui redditi, con quote decise liberamente dall’impresa. Tale provvedimento non incide, nel medio termine, sulle casse dello Stato, poiché implica soltanto la traslazione degli incassi per l’erario. Un provvedimento minimo da adottare, nel più breve tempo possibile, è quello di revisione dei coefficienti tabellari, in modo da adeguare le aliquote di ammortamento all’effettiva durata utile del bene strumentale, non penalizzando più gli investimenti delle imprese”.

Consapevoli delle difficoltà indotte dal contesto, i costruttori richiedono comunque un sistema strutturale di agevolazioni fiscali che permetta di incentivare l’attività di innovazione svolta dalle imprese ed essenziale per restare competitive, attività svolta in autonomia o con il supporto di enti e università.

La forte pressione fiscale è infatti un fattore che complica fortemente il quadro. Comprendendo la necessità di mantenere questa linea per garantire ordine nei conti pubblici, i costruttori di machinery chiedono l’abbattimento dell’Irap sul personale per una quota pari al rapporto export/fatturato dell’impresa, con l’obiettivo di premiare le imprese più virtuose e di stimolare il processo di internazionalizzazione di quelle che ancora sono fortemente orientate a operare sul mercato nazionale.

“Intercettare nuovi mercati è una sfida indispensabile – afferma Vincenzo Boccia. “Chiediamo allo Stato di permettere alle imprese italiane di essere competitive, e per questo è necessaria una nuova politica industriale, il Paese deve puntare all’ambito manifatturiero, come peraltro fanno altre nazioni, come Austria e Svizzera: riuscire a mantenere un secondo posto tra i costruttori a livello globale è quasi un miracolo, se pensiamo che le imprese italiane quando competono nel mondo pagano il 20% di global tax rate in più dei tedeschi, il 30% in più dei costi di energia e tassi di interesse superiori di due punti. Le imprese italiane pagano l’IMU sui capannoni industriali e i costruttori edili sull’invenduto delle nuove costruzioni. Non è forse questa una sorta di patrimoniale impropria sulle imprese?”

E conclude: “Siamo positivi per quanto riguarda il decreto Fare, ma aspettiamo che venga effettivamente applicato, e di vedere il disegno finale. In generale, sono necessari interventi su tre punti fondamentali: ridurre il debito pubblico, tenere a bada il deficit e lavorare sulla crescita. I proventi ricavati dall’evasione fiscale dovrebbero andare a ridurre la tassazione alle aziende. Vanno eliminati gli sprechi, questo è essenziale. Altri fattori di estrema importanza riguardano inoltre il Fondo di Garanzia e il miglioramento della giustizia civile”.

 



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