@lurossi_71
luca.rossi@fieramilanomedia.itInthechoiceofAuthority,
theEUismissing
On the global political and institutional
scenario, the European Union was never able
to play a key role. Trapped by the chock-hold
of the antagonism between the countries that
make up the European Union, it could not build
a lot of common ground: not a foreign policy,
not a defence policy, not a fiscal policy and not
even a budget. Fundamentally, the only main
achievement was a common currency and a
plethora of bureaucratic rules. In these 60 years
of life - celebrated specifically this year - the
European Union could not even create shared
sentiment.
To remedy this identity crisis, however, there
were some European Community industrial
and economic policy initiatives. Among them,
the fact of having tried to identify a shared
industrial specialization in manufacturing
through the so-called Tajani plan, which strives
to bring by 2020 manufacturing to represent
20% of the EU’s GDP.
A EU that bets on knowledge and innovation,
on technology and manufacturing cannot assign
the headquarters of two of its main Authorities
- EMA (European Medicines Agency) and EBA
(European Banking Authority) – through a
draw. As a De Gregori song used to say: “it’s
from things like this that one sees a talented
player”. EMA has the duty to assess which
important drugs enter the market, sometimes
marking the trend of an industrial sector among
the most innovative ones. EBA manages the
financial dynamics that have more and more
influence over economic and industrial processes.
I do not wish to discuss the choices but the
merit of them. And it should be said that for a
Community that wishes to be such, two choices
so strategic should have been taken on a merit-
basis. Instead, not only we had to witness the
age-old rituals of politics doing politics. We also
had to witness randomness at work.
Even this time, there was no Europe.
Si sceglie l’Autority,
ma l’UE non c’è
Sullo scacchiere globale, politico e istituzionale, l’Unione Europea non è mai
riuscita a recitare un ruolo da protagonista. Imprigionata nel giogo dell’an-
tagonismo dei Paesi che la compongono l’UE è riuscita a costruire ben poco
di comune: non una politica estera, non una difesa, non una politica fiscale
e nemmeno un bilancio. Di importante, in comune si è solo data una moneta
e una pletora di normative burocratiche. In questi 60 anni di vita - festeggiati
proprio quest’anno - l’Unione Europea non è nemmeno riuscita a creare un
‘sentiment’ comune.
A sopperire a questo deficit identitario ci sono però alcune iniziative di politica
comunitaria industriale ed economica. Tra le altre, l’aver cercato di individuare
una specializzazione industriale comune: quella manifatturiera col cosidetto
Piano Tajani, che prevede di arrivare entro il 2020 a un’incidenza della manifat-
tura pari al 20% sul PIL comunitario.
Ebbene, una UE che scommette sulla conoscenza e sull’innovazione, sulla
tecnologia e sulla manifattura non può assegnare le sedi di due delle sue più
importanti Autority - EMA (Agenzia europea del farmaco) ed EBA (Autorità
bancaria europea) - mediante un sorteggio. Come diceva una canzone di De
Gregori “sono da queste cose che si giudica un giocatore”. L’EMA ha il com-
pito di valutare l’entrata sul mercato di medicinali delicati, talvolta indicando
i trend di un settore industriale tra i più ricchi di innovazione. L’EBA gestisce le
dinamiche finanziarie che sono sempre di più influenzano i processi economici
e industriali.
Ebbene, non mi interessa entrare nelle scelte ma nel merito delle medesime. E
occorre dire che una comunità che vuole essere tale, due scelte così strategiche
avrebbe dovuto compierle su valutazioni di merito. Invece non solo abbiamo
assistito ai soliti stantii rituali della politica politicante. Ma abbiamo dovuto es-
sere spettatori anche del gioco della casualità.
Anche stavolta, l’Europa non c’è stata.