Antonio Gozzi riconfermato alla guida di Federacciai chiede maggiore incisività all’UE

Pubblicato il 1 giugno 2016

 

Antonio Gozzi è stato riconfermato presidente di Federacciai, l’associazione dei siderurgici italiani, per il prossimo biennio. L’ha deciso all’unanimità l’Assemblea dell’associazione confindustriale tenutasi ieri a Milano. A sottolineare l’importanza della categoria nel contesto economico italiano, sono intervenuti anche il neopresidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, il vicepresidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani, e il sottosegretario allo Sviluppo economico, Ivan Scalfarotto.

 

Luci e ombre del settore

È stato un intervento passionale e incisivo quello che ha caratterizzato la relazione di Gozzi. Dal palco, il presidente ha rivendicato l’importanza del comparto nel contesto macroeconomico sia italiano sia europeo, gli sforzi in tema di rispetto ambientale che si sono fatti ma anche il pericolo della concorrenza sleale che arriva dai Paesi come la Cina. Non ha mancato di rimarcare “la mancanza di visione e le incertezze e i ritardi di intervento dell’Europa a proposito della siderurgia”. Continua infatti a decrescere la quota di manifatturiero nell’UE. “Siamo ormai sotto il 14% del PIL continentale e questa caduta ci è costata la scomparsa di interi settori produttivi e la perdita di milioni di posti di lavoro – ha sferzato Gozzi -. Nonostante ciò, come ben ha dimostrato fino a ora tutta la vicenda del Mes Cina, vi è una parte dei Paesi dell’Unione sostanzialmente disinteressata al tema dell’industria, anche se ogni tanto qualcuno parla della necessità di un industrial compact. Con riferimento specifico alla siderurgia per molto tempo non si è fatto nulla se non osservarne passivamente la drammatica crisi che negli ultimi cinque anni ha visto continue, importanti chiusure, e la distruzione di oltre 80.000 posti di lavoro senza che alcuna misura, neanche di accompagnamento sociale delle crisi, fosse assunta”.

 

Le tre sfide per la siderurgia europea

Tre sono le sfide che per il presidente attendono il comparto continentale. La prima sfida è l’esistenza stessa delle condizioni per il mantenimento di un’industria siderurgica in Europa. “Anche se nel 2015 c’’è stato un aumento della domanda interna di acciaio, tutto l’incremento è stato coperto con un forte aumento delle importazioni cresciute di oltre il 23% rispetto all’anno precedente fino a 32,3 milioni di tonnellate, 5,9 milioni di tonnellate in più rispetto al 2014 – ha detto Gozzi -. Nello stesso tempo i prezzi di alcuni dei principali prodotti siderurgici come ad esempio i coils a caldo e a freddo sono caduti drammaticamente di oltre il 40% e c’è una forte incertezza relativamente all’andamento dei prezzi nel corso del 2016.  Tutto ciò ha provocato forti perdite nelle aziende del settore”. La seconda grande sfida riguarda gli strumenti di difesa commerciale perché “le politiche europee di difesa commerciale devono diventare molto più reattive ed efficaci per contrastare le distorsioni provocate dalla competizione sleale di competitor di altre aree del mondo non solo cinesi. Si è proceduto con lentezza esasperante al riguardo. Solo alla fine del 2015 inizio 2016, dopo una battaglia campale dei siderurgici (che sono scesi in piazza a Bruxelles per la prima volta nella storia tutti insieme, operai, impiegati, manager e datori di lavoro) si sono decise alcune misure di protezione commerciale provvisorie non ancora attuate oggi. Si valuta che l’attuazione delle misure provvisorie richieda in Europa tempi molto più lunghi di quelli necessari, per misure analoghe, negli Stati Uniti d’America”. La terza sfida riguarda le imprese stesse e il loro modo di operare. Bisogna ammettere, innanzitutto, che il problema della sovraccapacità non è un problema solo cinese, ma riguarda tutta la siderurgia mondiale.

 

Luca Rossi