Il settore dell’automazione industriale costituisce il principale campo di applicazione degli azionamenti a fluido, pneumatici ed idraulici. Benché lo sviluppo di soluzioni elettromeccaniche competitive renda talora possibile la parziale eliminazione delle valvole dai circuiti di segnali e potenza, esse restano comunque il nucleo fondamentale dei circuiti a fluido. Il congresso IFK (Internationales Fluidtechnisches Kolloquium), svoltosi nella sua terza edizione ad Aachen, lo scorso marzo, costituisce un evento singolare, per la netta prevalenza di esponenti dell’industria, e, pertanto, un’ottima opportunità per valutare la situazione attuale nell’ambito della progettazione di valvole. In ambito pneumatico, le soluzioni presentate, relative in parte a prodotti già disponibili sul mercato, in parte ancora in fase di ottimizzazione, sono tutte indirizzate verso la realizzazione di un componente ideale di piccola taglia, a ridotto consumo energetico, modulare, con elettronica integrata.
Valvole miniaturizzate, con elettronica integrata
La tendenza a ridurre l’ingombro dei componenti trova motivazioni differenti a seconda delle specifiche applicazioni. In alcuni settori, quali quello tessile, tale esigenza nasce da un’effettiva ristrettezza degli spazi di lavoro. Nel caso dei sistemi robotizzati, invece, l’utilizzo di isole di valvole compatte e di peso ridotto, collocate a bordo dell’organo mobile, è necessario nell’ottica di un miglioramento delle prestazioni dinamiche. Per applicazioni in cui sono richieste pressioni e portate di lavoro elevate, sono state, pertanto, realizzate elettrovalvole ad attuazione tradizionale (elettromagnetica), che, grazie ad un’oculata progettazione del dispositivo elettrico di azionamento e del lay-out pneumatico, risultano notevolmente ridotte in dimensioni [1]. Il minimo assorbimento di potenza ottenibile con questo tipo di componenti è di 0,4 W. In figura 1 è visibile un esempio di valvola miniaturizzata ad azionamento diretto, in configurazione singola ed in assemblaggio in batteria. Ma miniaturizzare significa anche concentrare una serie di funzioni all’interno di un singolo componente, rendendolo sempre più simile a un sistema meccatronico. Se, sulla base dell’esperienza maturata nel settore automobilistico, l’integrazione di sensori di pressione e spostamento entro il corpo valvola è una pratica ormai acquisita, una novità è costituita dall’equipaggiamento, per lo meno opzionale, della valvola con interfacce field bus, per l’abilitazione di funzioni diagnostiche. Il monitoraggio delle condizioni operative della valvola rende possibile operare una manutenzione preventiva sul componente, così da individuare tempestivamente eventuali errori di input o di output.
Microvalvole
La disponibilità di nuove e sofisticate tecnologie per la lavorazione dei semiconduttori ha reso possibile la costruzione di vere e proprie microvalvole. Le basse pressioni e portate di lavoro fanno sì che tali componenti trovino applicazione principalmente in ambiti biomedicali e di analisi dei gas. La microstruttura visibile in figura 2, è relativa a un prototipo (microvalvola MegaMic) relativamente prossimo all’immissione sul mercato, ottenuto mediante tecniche di lavorazione del silicio [2]. La microvalvola, che svolge la funzione di una valvola 3 vie, è ad azionamento non convenzionale. Infatti, alimentando in tensione, si genera un campo elettrostatico che consente di inflettere un attuatore di silicio, modificando le connessioni tra i condotti interni. Da un punto di vista elettrico, il sistema si comporta come una capacità, con un consumo di potenza elettrica bassissimo. La corsa dell’attuatore è di 5 µm, la portata è di 0,3 Nl/min. Uno stadio di amplificazione permette di aumentare la portata fino ad 80 Nl/min. La figura 3 rende l’idea delle dimensioni del componente. È ad azionamento termico, invece, la microvalvola proporzionale in pressione, visibile in figura 4.
Un microponte in nichel, doppiamente incastrato e con resistenze integrate, è scaldato, fin quando la tensione di compressione entro la struttura diviene tale da provocarne la flessione [3]. Ne consegue la possibilità di regolare il flusso scaricato attraverso l’uscita 1 e, quindi, la pressione sull’uscita 2. L’utilizzo di attuatori termici risulta particolarmente vantaggioso, non solo per la semplicità di realizzazione e di integrazione nella microvalvola, ma anche perché consente di ottenere corse relativamente elevate (40 µm). La microvalvola in questione, infatti, garantisce una portata di un ordine di grandezza più grande rispetto a quella della valvola ad azionamento elettrostatico. Le potenze elettriche assorbite non sono, però, bassissime, ma dell’ordine del W. Tecniche di analisi computazionale (CFD) (figura 5) hanno però consentito di individuare come buona parte di questa potenza si dissipi a causa del trasferimento di calore, per convezione, dal microponte al flusso d’aria, a bassa temperatura ed elevata velocità, in ingresso. È in fase di studio, quindi, una versione della microvalvola, con un secondo ponte passivo che faccia da “scudo” per l’attuatore, rispetto al flusso d’aria.