La Commissione Europea ha pubblicato i risultati dell’indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI) 2017 che offre il quadro del mercato unico digitale in Europa. Si evince che, malgrado l’Europa abbia fatto progressi, resta un importante divario digitale tra i 28 Stati membri, dalla connettività alle competenze digitali, alla digitalizzazione di imprese e servizi pubblici. Nel suo complesso, l’UE migliora la propria prestazione digitale di 3 punti percentuali rispetto all’anno scorso, ma i progressi potrebbero essere più rapidi e variano da Stato a Stato.
Primi nella classifica digitale sono Danimarca, Finlandia, Svezia e Paesi Bassi, seguiti da Lussemburgo, Belgio, Regno Unito, Irlanda, Estonia e Austria. I primi tre Paesi sono in testa anche nella classifica mondiale, davanti a Corea del Sud, Giappone e Stati Uniti. Slovacchia e Slovenia registrano i migliori progressi, mentre al di sotto della media UE ci sono ancora diversi Paesi, tra cui anche l’Italia, insieme a Polonia, Croazia, Grecia, Bulgaria e Romania (i profili per Paese sono disponibili online). Il 76% delle famiglie europee ha accesso alla banda larga ad alta velocità (almeno 30 Mbit/s), e i servizi mobili 4G coprono l’84% della popolazione. Il traffico internet cresce del 20% annuo, e del 40% quello su rete mobile. I progressi sono però ancora insufficienti a soddisfare le future richieste di rapidità, qualità e affidabilità dei collegamenti, e la Commissione ha già presentato una serie di iniziative strategiche per il mercato unico digitale.
Aumentano gli esperti digitali, con un incremento nel numero di laureati in discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche (19 laureati ogni 1.000 ventenni), ma il 44% dei cittadini europei continua a non possedere le competenze digitali di base, per utilizzare ad esempio la posta elettronica, strumenti di editing o installare nuovi dispositivi. Nel panorama delle imprese, le aziende europee impiegano sempre più tecnologie digitali, come software professionali per la condivisione elettronica di informazioni (dal 26% del 2013 al 36% nel 2015) o per inviare fatture elettroniche (10% nel 2013 e 18% nel 2016). Aumentato dal 14% del 2013 al 17% del 2016 è anche il numero di PMI che fa uso del commercio elettronico, con però meno della metà di queste che vende in un altro Stato membro.