Il mercato italiano delle pompe nel 2022 ha raggiunto un valore di circa 1.818 milioni di dollari (componenti esclusi), riconquistando per la prima volta dal 2009 la posizione di settimo più grande mercato a livello mondiale, il secondo più grande in Europa dopo la Germania.
Il risultato emerge dal Global Pump Outlook 2023, settimo rapporto di mercato annuale redatto da Oxford Economics, e come rileva Assopompe, l’associazione italiana dei produttori di pompe federata Anima Confindustria, rappresenta una crescita del 9% rispetto ai livelli pre-pandemici del 2019, sebbene gran parte di questo incremento sia nominale e non tenga conto dell’impatto dell’inflazione.
Dopo il balzo in avanti del 2022 (+4,4% rispetto al 2021 nei dati dell’Ufficio Studi di Anima Confindustria), le previsioni per gli anni 2024-2027 sono meno ottimistiche. Secondo Oxford Economics, in Italia la diminuzione dei prezzi e dei volumi implicherà mercati in calo l’anno prossimo, con una contrazione della domanda, in linea con la crescita modesta che caratterizzerà il mercato anche su scala mondiale. Una prospettiva confermata anche dalle previsioni dell’Ufficio Studi di Anima Confindustria, secondo cui il comparto italiano delle pompe vedrebbe una flessione della produzione pari al -1,3% nel 2023, rispetto all’anno precedente, assestandosi su un valore di 2.350 milioni di euro. Previsto anche un lieve calo dell’export, che raggiungerebbe per l’anno in corso un valore di 1.710 milioni di euro, segnando un ribasso del -0,6% rispetto al 2022.
“Come evidenziato dai dati di Oxford Economics, il mercato delle pompe ha reagito bene alla crisi che ha travolto l’industria dall’anno pandemico, riprendendo un trend di crescita che nel 2022 ha fatto registrare buoni risultati alle aziende del comparto – commenta Stefano Sampaolo, presidente di Assopompe -. Quest’anno, sebbene l’effetto dei bonus edilizi come Superbonus continui ad alimentare la produzione, ci aspettiamo un lieve calo nel mercato a causa della congiuntura tra incertezza sull’impatto della guerra sui prezzi, inflazione ostinata, caro prezzi che affligge l’industria, senza contare la crisi delle materie prime che, sebbene attenuata, continua a indebolire le imprese”.