RMO 224 – Novembre/Dicembre – 2019
L’Italia senza acciaio sarebbe una sciagura
Un’Italia senza la produzione di laminati piani è un Paese che presta inevitabilmente il fianco alle importazioni da Paesi terzi. A confermarlo sono i dati trasmessi da Federacciai che fotografa il rischio di un pericoloso sbilanciamento connesso a una sciagurata chiusura degli altoforni del sito produttivo dell’ex Ilva di Taranto. Russi, indiani, serbi, turchi e cinesi sono pronti a colmare il ‘vuoto’ che potrebbe lasciare Taranto. Ma lo faranno alle loro condizioni, con prezzi e qualità decisamente inferiori. La suddivisione tra i due principali segmenti produttivi – ‘piani’ e ‘lunghi’ – aggiornata ad agosto, fa emergere come il peso principale della flessione della produzione sia da imputare ai primi. In Italia operano sostanzialmente due operatori: ArcelorMittal Italia e Arvedi. Entrambi stanno subendo le difficoltà del mercato ma a preoccupare maggiormente è l’ex Ilva. Nel solo mese di agosto la produzione di ‘piani’ italiana è crollata del 31%. Ma se la ex Ilva chiuderà cambia tutto lo scenario e ovviamente bisognerà ricorrere alle importazioni. Nei primi sette mesi dell’anno i volumi di importazione di coils stanno già quasi eguagliando la produzione italiana: 5,069 milioni l’output, 4,174 milioni i flussi commerciali, di cui 2,206 milioni provenienti da Paesi extra UE (sono già diventati 2,7 milioni nei primi nove mesi, il 5,6% in più). Nei primi sette mesi del 2018 le importazioni di piani (tutti, non solo i coils) erano state pari a 7,615 milioni, quest’anno sono cresciute del 7,1%, a 8,154 milioni. Il sorpasso e il ribaltamento della bilancia commerciale italiana, in questo segmento, sembra inevitabile. Nel solo mese di settembre i coils russi entrati in Italia sono quasi raddoppiati, passando dai 159 mila dell’anno scorso a 278 mila. Nei primi nove mesi di quest’anno le aziende turche hanno venduto in Italia quasi un milione di tonnellate di coils, gli indiani hanno aumentato i volumi del 14,8% (da 455mila a 522mila tonnellate), la Serbia è cresciuta del 24,8%.
Luca Rossi