RMO 204 – maggio – 2017
Il PIL accelera. Ma non in Italia
L’economia globale attraversa una fase di turbolenza ma gli indicatori segnano una crescita nei prossimi anni. Nel 2018 la Cina potrebbe tornare ad essere fonte di volatilità, in attesa che le autorità di Pechino ridisegnino la mappa di potere per i prossimi 5 anni. L’esuberanza dei mercati, a seguito dell’elezione negli USA di Donald Trump, si sta ridimensionando e cominciano ad affiorare dei timori. Tra i pochi Paesi che arrancano c’è l’Italia. Lo indica un recente rapporto Prometeia, la società di ricerca economica. Secondo il report Prometeia, alla fine dello scorso anno il livello del PIL del nostro Paese era inferiore di oltre il 7% rispetto ai massimi fatti registrare all’inizio del 2008. A differenza nostra, quel gap è stato notevolmente ridotto dalla Spagna che ora è arrivata a una distanza di solo l’1% nel medesimo periodo temporale. Nella media dell’Eurozona il PIL è stato invece superiore del 2,4%. Stesso trend crescente l’hanno fatto registrare la Germania (7,8%) e la Francia (4,5%). Lo scorso anno la crescita italiana, misurata pro-capite, è stata più alta di quella di USA, Francia e Germania. Una buona notizia all’apparenza, dovuta però al calo demografico della popolazione italiana. Prometeia ha rivisto al rialzo la stima di crescita per l’Italia sia per il 2017 (+0,9% dal +0,7%) sia per il 2018 (+0,9% dallo 0,8%). Se passiamo ad analizzare i dati riguardanti il mercato del lavoro, il quadro non cambia. A dieci anni circa dall’inizio della crisi è occupato il medesimo numero di persone, anche se per meno ore, mentre il divario tra Nord e Sud è rimasto immutato. Segnali positivi arrivano, invece, dall’offerta di lavoro femminile e degli over 55, dalla domanda di lavoro stabile e dal ri-orientamento dell’occupazione verso i servizi.
Luca Rossi