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RMO 192 – Novembre/Dicembre – 2015

Il dragone cinese non graffia più?

L’industria manifatturiera in Cina ha subito in questi mesi un ulteriore rallentamento. Rilevato dall’Ufficio nazionale di statistica, l’indice PMI (Purchasing Managers Index) è al minimo da tre anni a questa parte e segnala il livello più basso dall’agosto 2012. Questo significa la certificazione di una contrazione. E non sono solo gli indici economici a creare problemi all’industria cinese, quanto lo stato e la gestione del sistema stesso che sta evidenziando forti crepe nelle dinamiche del mercato interno.

Il Paese del Dragone, infatti, non consuma come dovrebbe. Il mercato interno cinese ha una consumer confidence più bassa perfino di India e Indonesia. Un quadro che parrebbe in contraddizione con l’immagine di un Paese che negli ultimi anni ha fatto passi da gigante nel tenore medio di vita. Ma evidentemente così non è. E in questi mesi, caratterizzati dalle tempeste finanziarie, la situazione del mercato interno è precipitata. I cinesi hanno cercato di creare profitti prima investendo massicciamente nell’immobiliare e poi nelle Borse incappando in una doppia bolla che li ha spazzati.

Consumare nel mercato interno, invece, dovrebbe essere il fulcro della strategia alla base del nuovo modello economico del Governo cinese. L’incertezza sul futuro, un welfare inesistente, l’incapacità sistemica di creare livelli di pensioni accettabili, una sanità inadeguata concorrono a rendere complicato il quadro. E tagliare i salari che viaggiano a doppia cifra sarebbe impossibile perché deprimerebbe maggiormente il mercato interno. Infine, la svalutazione dello Yuan fa il resto.

Diventa quindi fondamentale abbinare il tema dei consumi a quello della produttività e della innovazione, oltre che alla creazione di reddito. In questo senso, il Consiglio di Stato ha iniettato liquidità con la creazione di un Fondo nazionale per sostenere le piccole e medie imprese, che hanno creato il miracolo cinese e che ora necessitano di fare il salto di qualità in una fase molto delicata. Per fare ripartire la produzione, dunque, la Cina deve farlo su nuove basi di qualità.

Luca Rossi