UI_Giugno_2018
Per le microimprese la puntualità rappre- senta un forte impegno rispettato dal 38,5%. Questa percentuale cala al cre- scere della dimensione aziendale, fino al 14,8%per le grandi imprese dove i ritardi pesanti riguardano il 5,1%. Per le microim- prese il dato è più che doppio, mostrando una area in forte sofferenza. Tra i settori si distingue quello dei servizi finanziari, con il 48.2% delle imprese che paga alla scadenza, bene anche le imprese del set- tore industriale e produttivo. Continua a spiccare in termini negativi il settore del commercio, dove i ritardi gravi superano il 16%. I consumi sono in ripresa ma non con il ritmo atteso. Il mercato altresì non è più solo orientato al dettaglio tradizionale. Il calo dei ritardi gravi nei pagamenti è un buon segnale per le imprese e spinge verso un cauto ottimismo. Indubbiamen- te le imprese che hanno risolto la crisi orientandosi sulla gestione del credito visto come indicatore di scelta dei pro- pri fornitori, hanno avuto maggiori ef- fetti positivi. Il cash flow è stato uno dei fattori determinanti connesso alla pun- tualità dei pagamenti. La gestione del credito è così diventata una priorità nel monitoraggio permanente dei fornitori, attraverso l’applicazione di strategie per la riduzione degli insoluti e lo snellimen- to delle procedure. I parametri si stanno orientando in senso positivo, con un trend più veloce rispetto al passato. Migliora la puntualità e conte- stualmente si riducono i ritardi più gravi. Il Mezzogiorno e il settore commerciale sono i principali anelli deboli del sistema. Il trend positivo nasconde ampi scosta- menti territoriali: il Nord Est si conferma l’area più solida su scala nazionale, con il 46,1% delle imprese che paga i fornitori a 30 giorni. Solo il 6,4% registra ritardi oltre i 30 giorni. Situazione non diversa nel Nord-Ovest, dove i ritardi raggiungo- no il 7,3% delle imprese. Il quadro peg- giora al Centro (il 12,3% delle imprese paga oltre i 30 giorni) ma è preoccupan- te nel Mezzogiorno. I pagamenti entro i 30 giorni riguardano il 24% delle impre- se (circa il 50% in meno rispetto al Nord- Est) e i ritardi gravi raggiungo o quasi il 18%. Ultima in classifica la Sicilia, con il 20%di ritardi gravi, uno scostamento enorme rispetto ad esempio il Veneto, dove la percentuale è pari al 6,1%. A livello provinciale è la Lombardia la re- gione leader. Oltre a Brescia altre quattro territori sono ai primi posti: Bergamo, Lecco, Mantova e Sondrio. Anche in que- sto caso sono evidenti i gap in termini ter- ritoriali, con Brescia, a presentare ritardi gravi nel 4,4% dei casi. Il coefficiente si quintuplica nel caso di Reggio Calabria. 64 giugno 2018 impatto sul licenziamento dei dipenden- ti, rispetto alla media europea del 19%. Le difficoltà finanziarie tra i debitori sono la causa principale dei ritardi di pagamen- to. Quando si esaminano le cause principa- li dei ritardi di pagamento in Italia, l’89% degli intervistati risponde che ciò è dovuto alle difficoltà finanziarie dei propri clien- ti - una cifra molto superiore alla media europea del 67%. Inoltre, il 75% è stato richiesto di accettare termini di pagamen- to più lunghi rispetto al proprio standard contrattuale, il termine di paragone con la media europea è del 61%. Molte imprese europee sono soggette alla richiesta di accordare termini di pa- gamento più lunghi rispetto alla propria credit policy, e, in generale, una buona parte accetta questa richiesta finendo con l’esporre l’azienda ai rischi di ritardo di pagamento. Le aziende devono quindi assumersi maggiori responsabilità nell’of- frire e richiedere condizioni di pagamen- to eque. Il fenomeno è diffuso in Italia. Il quadro italiano In base ai dati relativi a fine 2017 (Cribis, 2017) si registrano dei pagamenti pun- tuali in crescita, con una contemporanea riduzione dei ritardi gravi, quelli oltre i 30 giorni. Il 37,3% delle imprese risulta infatti in regola (dal 35,6% di fine 2016). Il dato relativo ai ritardi gravi è partico- larmente positivo e migliora le previsioni per il futuro: dopo il forte aumento che si è verificato tra il 2013 e il 2014 infatti, quest’anno si è attestato al 10.5%, tor- nando ai livelli del 2012.
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