MECSPE_2019

visto sotto più punti di vista. Oltre la metà del campione (54,8%), ritiene che le persone abbiano sempre un ruolo fondamentale, di centralità nei processi, e che la percezione umana sia il vero driver del cambiamento. Per il 36%, invece, è la tecnologia ad avere un ruolo di primo piano, ma solo se supportata da un’adeguata formazione umana e da un cambiamento culturale. L’8,6% ritiene la tecnologia fondamen- tale e l’unico fattore abilitante per la costruzione di soluzioni, che consento- no di migliorare paradigmi di processo ormai obsoleti, mentre solo lo 0,5% ha una visione catastrofica, secondo cui le persone non assumono più un ruolo centrale e sono destinate ad essere sostituite dalle macchine. Alla doman- da se le attuali figure professionali scompariranno, il 68,3% risponde ‘Non del tutto’, pronosticando che si assiste- rà alla nascita di nuove/specifiche figu- re con forti competenze in ambito IT; per il 24,3% alcune figure rimarranno insostituibili, rispetto al 7,4% che pensa che le professioni tradizionali non riu- sciranno a tenere il passo e saranno inevitabilmente sostituite. Profili specializzati entro il 2030 Guardando al futuro, ai giovani e alle digital skill, i profili specializzati più 53 Speciale anteprima richiesti entro il 2030 saranno: Robotic Engineer nel 30,3% dei casi, specia- listi dei Big Data per il 17,9%, pro- grammatori di Intelligenze Artificiali nel 13,8% dei casi, specialista IoT per il 9,2%, Multichannel Architect il 7,7%, esperti di cybersicurezza per il 6,2%. Dal punto di vista della preparazione complessiva che la quarta rivoluzione industriale richiede al personale nell’a- nalisi e gestione dei dati, il livello di competenze è giudicato alto da quasi sei imprenditori su dieci (56,2%) e medio dal 38,4% degli intervistati. Per la ricerca di nuove professionalità che facciano fronte alla sfida dell’Industria 4.0, l’azienda si indirizza verso agenzie di ricerca del personale (53,4%), uni- versità (38,9%), istituti tecnici (36,1%), società di consulenza (24,5%), istituti e scuole professionali (24%). Non man- cano però come punto di riferimento anche le inserzioni (15,4%) e gli uffici di collocamento (9,6%). L’andamento aziendale attuale risulta complessivamente soddisfacente per le imprese italiane del comparto della meccanica e della subfornitura, con il 74,8% degli imprenditori che parla di performance aziendale molto positi- va, il 24,1% che si dice mediamente appagato e solo l’1,1% contrariato. Nella prima metà del 2018, rispetto allo stesso periodo del 2017, i fatturati hanno registrato una crescita per il 61,4% delle aziende, mentre il 32,4% dichiara stabilità e il 6,1% un calo. Un aumento significativo anche dal punto di vista del confronto con il 2017, con ben 12,6 punti percentuali in più. Il por- tafoglio ordini è giudicato ‘adeguato’ ai propri livelli di sostenibilità finanziaria dall’89,6% delle imprese, contro un 10,4% per cui è insufficiente. Per quan- to riguarda le previsioni per la restante parte dell’anno in corso, sul fronte dei fatturati il 66,6% si aspetta una cresci- ta, il 28,5% stabilità e il 4,9% prospetta un calo. Numeri ancora in aumento rispetto a quelli di un anno fa, quando la percentuale delle aspettative positive era del 57,9%. Aspettative dall’export L’export resta fattore di traino per le PMI italiane del manifatturiero con sette su dieci (70,1%) che dichiarano di esportare i propri prodotti e servizi, con un’incidenza variabile. Il 25,4% dichiara di realizzare all’estero meno del 10% del proprio fatturato, il 12,9% ‘dal 10% al 25%’, il 15,2% ‘dal 26% al 45%’, il 12,1% ‘dal 46% al 70%’ e il 4,5% ‘oltre il 70%’. Chi esporta punta prevalentemente verso: l’Europa Centro-Occidentale per il 82,4%; l’Eu- ropa dell’Est per il 49,5%; l’Asia per il 30,8%; il Nord America per il 26,4%; la Russia per il 14,3%; il Medio Oriente e Sud America per il 12,6%; l’Africa settentrionale per il 9,9%; l’Oceania per il 4,9% e l’Africa meridionale per il 2,7%. Non ci sono dubbi sul futuro del mercato in cui si trovano a ope- rare le singole aziende: nei prossimi tre anni, solo il 6,5% si aspetta una contrazione dello scenario in cui opera contro un 59,8% apertamente convinto dello sviluppo del proprio mercato di riferimento e un 33,7% che crede non ci saranno grosse variazioni rispetto all’andamento attuale.

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