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21 NOVEMBRE/DICEMBRE 2024 rmo “Prospettive deboli si delineano anche per i settori legati ai trasporti, a partire dall’automotive, caratterizzato da un fisio- logico assestamento sui livelli elevati raggiunti dopo la forte crescita del biennio 2022-23”. Il cambio epocale per il set- tore con la decarbonizzazione, per IC, renderà “più incerti i tempi e le modalità con cui la trasformazione green si con- cretizzerà nel mondo dei trasporti“. L’Italia è molto lontana dalla media europea per l’elettrico e senza il traino tedesco rischia di avere prospettive ancora meno rosee per i futuri anni. RIMODULARE GLI OBIETTIVI UE? Il mercato e le istituzioni si interrogano su come far fronte al- la crisi automotive. Allentare i vincoli dell’azzeramento della CO 2 alle emissioni entro il 2035, come indica l’UE, potreb- be essere una manovra tattica per dare un po’ di respiro ai produttori europei ma avrebbe soprattutto un effetto benefico sul fronte delle resistenze dei consumatori. Complice la pan- demia, sono più di 5 anni che il parco circolante subisce un invecchiamento aggiuntivo, raggiungendo una media di 12,3 anni in UE e in Italia. Chi ha comprato un veicolo termico nel 2020 si aspetta che nel 2032 vi siano condizioni migliori per passare ad un BEV, sia in termini di costi di acquisto sia di servizi di ricarica. E sullo sviluppo delle infrastrutture nel no- stro Paese siamo molto indietro. Una rimodulazione della scadenza del 2035 non avrebbe, in- vece, impatti significativamente migliorativi per la condizione degli OEM, i quali hanno già fatto programmi a lungo termi- ne per il rimpiazzo delle vecchie catene di fornitura legate ai veicoli termici, con le nuove specifiche per i BEV, e da questi piani non possono tornare indietro. Il problema per gli OEM sarà quello di avere un prodotto vali- do in tempi brevi in cui i costi di acquisizione dei clienti (pre- valentemente, costi commerciali) siano ragionevoli, anche perché la sfida prossima sarà quella di convincere i consu- matori della prima maggioranza, notoriamente un osso più duro rispetto all’entusiasmo dei primi early adopter. Per gli OEM, questa situazione in cui devono convivere per lo stes- so prodotto molteplici forme di propulsione (benzina, diesel, termico full hybrid o mild hybrid, BEV), rappresenta lo scena- rio peggiore, di elevata complessità gestionale con costi net- tamente superiori ad uno scenario solo BEV o solo termico. Con oltre 150 marchi disponibili e più di 25 milioni di unità vendute all’anno, la Cina è il più grande mercato automobilistico del mondo. In meno di 20 anni, Pechino è passata dall’essere un mercato minore per le auto a punto di riferimento per quasi tutte le Case automobilistiche. L’anno scorso, le vendite di nuovi veicoli leggeri in Cina hanno rappresentato il 28% del totale globale. È stata un importante mercato per la maggior parte delle Case automobilistiche del mondo: più di un terzo delle vendite totali di veicoli del Gruppo Volkswagen è avvenuto qui, come pure il 33% del totale di BMW e Mercedes, il 34% dei volumi di Tesla, il 30% di Honda, il 17% del totale di Toyota e il 21% dei volumi di Nissan. La Cina è anche un importante centro di produzione ed esportazione, non solo per i marchi nazionali ma anche per molti marchi stranieri. Tesla, ad esempio, esporta alcuni dei suoi modelli dallo stabilimento di Shanghai. BMW utilizza le sue fabbriche per produrre la BMW iX3 e la nuova Mini Cooper elettrica per i mercati globali. Volvo sta guadagnando terreno nei mercati dei veicoli elettrici grazie alla Volvo EX30 costruita in Cina. Anche Polestar, Dacia, Honda, Smart, Citroen, Lotus, Lincoln e Cupra esportano le loro auto dalla Cina. L’EUROPA PRODUCE ANCHE IN CINA
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