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23 rmo ottobre 2020 Basti pensare che negli States (secondo consuma- tore e secondo importatore, come già ricordato) nel 2019 i consumi sono aumentati del 6,4% e l’im- port dell’1,6%, in linea, del resto, con l’andamento evidenziato da 10 anni a questa parte. Tra i principali fornitori spicca l’Italia che nel 2019 si è aggiudicata il terzo posto (dopo Giappone e Germania) e che da sempre contende il podio a Taiwan, Corea e Svizzera. Per noi gli States sono il principale mercato di sbocco per il mercato delle macchine utensili, per un valore complessivo che nel 2019 si è attestato sui 41 milioni di euro. Uno spaccato delle tipologie dei macchinari più espor- tati restituisce le seguenti quote: macchine utensili a deformazione (presse piegatrici e cesoie), 41,3%; centri di lavoro 15%; fresatrici, 9,3%, macchine a tecnologia non convenzionale 10,1% (con un trend di crescita del 57%). Nel complesso le previsioni di mercato parlano di un calo del 41% quest’anno, cui dovrebbe fare da ‘pendant’ una risalita del 43%, l’anno dopo. Più equilibrato il 2022, per cui si ipotizza un +6%. Parliamo di oscillazioni significative, ben spiegate da un calo dei consumi del 38% nel primo quadri- mestre, che in ragione d’anno si tradurrà, ragione- volmente, in un -28%. Giuste strategie. Questo il panorama economico di un’America colpita ma non affondata, un’Ame- rica che non si presenta come un mercato omoge- neo e che il Made in Italy deve imparare a conoscere in quanto il business che si potrà sviluppare non sarà lineare, ma ‘geograficamente sincopato’. Se volessimo mappare le attività, per esempio, ve- dremmo che (sulla base di dati aggiornati al 2016) le aree più vocate nella produzione di macchine utensili sono Erie, Traverse City, Detroit, Dayton e Fort Wayne, mentre il maggior numero di brevetti creati sono in Michigan, Ohio, Illinois, Minnesota, Wisconsin, Indiana, California, New York e Boston. Nel ‘nuovo’ continente - spiega Saladini - le aziende italiane si trovano davanti realtà con scarsa dime- stichezza verso l’esposizione estera, ma che ap- prezzano l’elevato contenuto tecnologico che i produttori italiani possono offrire. Per questo oc- corre puntare su tre asset: automazione e robotica, manifattura additiva e fabbrica digitale. Ricorrendo a una parafrasi potremmo dire che c’è luce oltre la siepe, magari si dovrà aspettare il prossimo biennio, ma nel frattempo occorrerà studiare (e mettere in atto) una strategia. In que- sto contesto le aziende italiane, si chiede Saladini, sono pronte a competere? I requisiti per farlo sono chiari: originalità e innovazione di prodotto, prezzo congruo, risorse finanziarie adeguate, di- sponibilità di magazzini, certificazioni e capacità di supportare la richiesta di ricambi. Che ognuno faccia il proprio gioco. @carmelaignaccol

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