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73 rmo settembre 2020 di guasto non possono nemmeno essere effettuati. Un’efficace operazione di recupero dei satelliti quando giunti al loro fine vita consentirebbe di ridurre notevol- mente il problema dei detriti spaziali. È qui che D-Orbit, società italiana con sede a Como, specializzata nella ge- stione del ciclo di vita delle missioni spaziali, ha studiato una soluzione decisamente utile. Il suo prodotto D3 è un motore indipendente e intelligente ottimizzato per operazioni di decommissioning spaziale. Se installato sui satelliti, D3 consente di toglierli dall’orbita in modo rapido e sicuro non solo al loro spegnimento, ma anche in caso di guasto grave. Per la realizzazione di D3, D-Orbit ha scelto di utiliz- zare la piattaforma di progettazione Creo in collabo- razione con Dedagroup Business Solutions, partner di PTC, identificandola quale miglior soluzione soprat- tutto in termini di flessibilità con cui potersi rapida- mente adattare alle diverse richieste dei clienti. D3 è pienamente conforme alle vigenti normative in- ternazionali in tema di detriti spaziali e consente agli operatori satellitari di mantenere ‘pulite’ le orbite operative riducendo quindi i rischi di collisione. In base alle diverse configurazioni, D3 è in grado di eseguire operazioni di rientro rapido per i satelliti LEO (Low earth orbit) e di parcheggio dei satelliti MEO (Medium earth orbit) e GEO (Geostationary earth orbit) nella cosiddetta orbita cimitero, destinata ad accogliere le apparecchiature spaziali che hanno esaurito le loro funzionalità. Con l’ausilio di Creo, la società ha inol- tre progettato InOrbit NOW, una famiglia di soluzioni end-to-end dedicate al mercato del Nuovo Spazio, che include servizi di lancio e deployment, software di con- trollo delle missioni e una serie di servizi aggiuntivi. Detriti spaziali, un problema. Il termine detriti spaziali viene comunemente utilizzato per indicare gli oggetti orbitanti prodotti dall’uomo che sono giunti al loro fine vita: sa- telliti fuori uso, stadi di razzi vettori, altri stadi di servizio che sono stati abbandonati in prece- denti missioni, nonché tutti i frammenti di vario tipo e di diverse dimensioni che l’erosione, le varie collisioni o gli effetti di disintegrazione spaziale hanno generato nel corso degli anni. Il rischio è che questa spazzatura possa entrare in collisione con i veicoli e/o i satelliti orbitanti nello spazio a velocità che possono anche raggiungere anche i 50.000 km/h. E questo, nono- stante la Rete di sorveglianza spaziale degli Stati Uniti sia in grado di tracciare a radar più di 13.000 oggetti vaganti finanche di 10 cm di dimensione. A questo pro- posito, l’astronauta britannico Tim Peake ha riportato un episodio alquanto inquietante, accaduto qualche anno fa quando era a bordo della Stazione Spaziale Internazionale: un detrito spaziale non ben identifi- cato ha centrato in pieno uno dei finestrini del modulo di osservazione provocando una scheggiatura circo- lare di 7 mm di diametro. Lo scorso anno, il National Geographic ha riferito che sono centinaia di migliaia gli oggetti che vagano in maniera incontrollata nello spazio, dai grandi satelliti in disuso fino ai dadi e ai bulloni di piccole dimensioni, il che costituisce un vero e proprio pericolo per qualsiasi oggetto che dovesse accidentalmente incrociare la loro traiettoria. Il recupero dei satelliti. Il problema dei detriti spaziali ha portato alla ribalta il tema del decommissioning dei satelliti che raggiungono il fine vita. I sistemi di propul- sione montati a bordo satellite non sono concepiti per eseguire operazioni di dismissione controllata, il che costringe gli operatori ad effettuare interventi lunghi, complessi e soprattutto costosi. Tali interventi portano spesso a ridurre la vita utile dei satelliti e, inoltre, in caso Per la progettazione delle sue soluzioni, D-Orbit ha scelto di utilizzare la piattaforma Creo in collaborazione con Dedagroup Business Solutions, partner di PTC, (in figura una fase della progettazione della piattaforma satellitare ION InOrbit NOW).
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